Io non sono impotente, nemmeno tu.
Si muovono cieli e mari,
si aprono buche che non sai.
E sono solo fottute parole.
Ma io non mi sento inutile,
stringo denti e schiaffi,
stringo parole.
Poi la nebbia arriva,
certo che arriva.
Solo tristezza e qualche maglia in più.
Ma non pensare che tutto sia vano.
Si raccolgono fiori nel deserto,
e neve ai tropici.
Si raccolgono rabbia e voglie.
Si conserva.
Poi forse non basta.
E sono solo parole le mie.
Parole che vanno per i fatti loro.
Io non le muovo più.
E domani era già oggi e lui si ritrovò sorpreso, a mescolare ore, cercando di far dolce quel giorno dal gusto un pò salato, quasi sgarbato, che adesso lo assaliva. Forse ubriaco di sogni… favole… pensieri, staccò un foglietto ancora dal calendario appeso al muro. E dentro ci abitava quel suo viso: l’onda di sorriso lo rivestì di gioia…
Ho sempre fuggito l’amore.
La mia vita è stata piana, senza scosse.
Ho sempre trovato stupido questo lasciarsi andare.
Sentimenti e passioni, non mi hanno mai toccato.
E sono secoli, che vivo da solo.
Ho una mente fredda, razionale.
Ho cominciato a lavorare presto e, di soldi, ne ho fatti tanti.
Sono vecchio, adesso.
Da cinque anni ormai, mi siedo su questa panchina.
La mia vita finisce.
Senza passione, così come è sempre stata…
…Tuttavia – sono due settimane adesso – questa ragazzina
ha preso l’abitudine di sedersi accanto a me.
Ha quindici anni, e me li ha raccontati tutti.
Ero imbarazzato – ed un bel po’ scocciato – all’inizio.
Ma, presto, mi si è acuito dentro qualcosa di nuovo.
Una sorta di curiosità.
Una forma di demenza senile, mi son detto.
Ma non ho l’energia – o, forse, la voglia – per contrastarla.
“Signore”, così mi chiama: il mio nome non l’ha mai chiesto.
“Signore, oggi sono qui per l’ultima volta. Vorrei darle un bacio. Posso?”
Arrossisce, dicendolo. E mi guarda, intenta.
Poi, lo fa.
Non in fronte, o su una guancia.
Sulle labbra.
Morbidamente.
E si alza. E corre via.
Senza salutare. Senza voltarsi indietro.
La guardo allontanarsi, basito.
Si allontana dalla mia vita.
Da quella stessa vita da cui mi sono sempre tenuto lontano.
Non so che espressione abbia il mio viso, in questo momento.
Potessi vederla, so che non la riconoscerei.
Sì: non può essere altro che demenza senile.
Erano settant’anni, che non piangevo.
Guardarmi attorno non è servito a farmi più scaltro
Trovo insidie dove la strada è più retta e niente sembra celarsi
“Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo” disse qualcuno
Vorrei vederlo nel suo ultimo, consapevole giorno
nelle ore del passaggio del testimone
Certe frasi costruiscono la loro fortuna in tempo di pace
ma è in guerra che l’uomo si rivela per ciò che è
e le parole, per ciò che sono
Morfina per l’anima.
Vorrei osservar la vita da un comodo rifugio
E non aver indugio e non provar salita
E mentre la tempesta devasta il mondo fuori
Scordarmi dei timori e dondolar la testa
Gustarmi un vino buono, godermi il mio torpore
E non mutare umore mentre rimbomba il tuono
E invece devo uscire, mischiarmi tra la gente
Che vive inutilmente, ché vivere è morire
Raro, quel cielo nitido di luna piena in una notte di maggio, piacevolmente fresca tanto quanto mi concedeva di restare in camicia,
perchè con la giacca avevo coperto le sue spalle.
Due amici a passeggio sottobraccio, a parlar di tutto con la complicità di vecchi amanti,
noi che amanti non lo eravamo stati mai.
Il getto degli idranti, all’improvviso, aveva ricoperto le tue ciglia di minuscole perle ed una goccia sul tuo labbro giocava a farsi prendere da un raggio d’argento. Fragola polposa e rossa, la tua bocca mi estasiò di un desiderio, che dovetti placare assaggiandola. Baciare il tuo sorriso,
non lo potrò mai più dimenticare.
Di tutti i baci che avrò dato non ho più memoria, quel momento rappresenta il primo in assoluto.
Noi siamo le bocche silenti
per le orecchie del potere politico
siamo le bocche chiuse
a cui non serve il companatico
Esseri minuti
per le mani che tirano fila
per le mani dei pupari
che ci osservano dall’alto
noi siamo nati muti
e ci muoviamo se comandati
Noi siamo un corteo fantasma
che quando avanza non fa paura
quando indietreggia lo fa di corsa
alzando solo un gran polverone
che magari ci provoca l’asma
che un colpo di tosse ci deve bastare
per gridarlo dentro a un megafono
noi siamo un esercito afono
che nessuno riesce a sentire
e che noi non riusciamo a vedere.
Dimmi, ti prego,
Qual è il peso di una bugia
Di una virtù fuggita via.
Qual è il valore di un sorriso
Quando tutto intorno ti sembra già deciso…
Ma non è quello che per cui hai combattuto
Quello che sempre avresti voluto
Quale l’effetto
Di una carezza,
Quando l’oblio è la tua unica ebbrezza.
Rivelami, ancora, il valore di un bacio
Anelato, rubato
ed in cuor custodito…
Nascosto come se fosse peccato
ammettere di averlo apprezzato.
Dimmi infine
Qual è il peso dell’anima
Gravida di vizi e di virtù
E non dirmi 21 grammi
è molto… molto di più!
Sono Mariella.
Sono appena nata alla scrittura.
La vecchia me, quella inquadrata, quella precisa ed assennata, era osservatrice attenta, ma silenziosa, ascoltava interessata, leggeva famelica, guardava ammirata il mondo attraverso i suoi occhi e quelli altrui e…timidamente taceva.
La nuova me è una bimba sognante e sanguigna. Vive ancora tutte quelle emozioni, ma le vive più forte, e questa forza…. ogni tanto prorompe e, liberamente, si esprime
…. Ogni tanto.
Ho un pugno alzato
ed un altro
sul cuore.
Ho una sigaretta in bocca
e l’altra che brucia
sola nel posacenere.
Ho residui
di un inverno
che pigro
s’attarda
a scomparire.
Ho ombrelli dimenticati
e regali da spedire,
ho voglie di donna
che spalmo
nelle giornate tiepide.
Ho maggio nel cuore,
lo coltivo
come dentro un giardino.
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