La mia ombra
non riuscì più
a starmi dietro…
Quando i piedi
cominciarono
a volare.
E milioni di farfalle
mi sorrisero.
Eri tu
stanotte
nel silenzio
ti ho sentito arrivare
nel buio
ho riconosciuto
il tuo respiro
sulla pelle
ho respirato
il tuo odore
di gioia ho tremato
e di dolore.
Eri tu
e non ti potevo
afferrare.
Potrei riempire di parole
tutto cio’ che e’ vuoto e
le ciambelle
con il buco,
e far tacere quelle
senza,
nessun letto vuoto
mi fa imbestialire
e mai piu’ sentiro’
freddo
davanti alla cassettiera
delle mutande, vuota,
davanti
al frigo vuoto
e non mi tirero’ indietro
davanti ad una strada
verso la liberta’
perche’
ad ogni fessura
sul muro
ho frasi
sconnesse e astute
che mi guideranno
alla confusione
Cattedrali antiche,
edifici di pietra e sudore,
maestria e sangue.
Con le preghiere che salgono su fino al cielo,
ad espiare colpe che nessuno conosce
e a mendicare un angolo di paradiso.
Dalla potenza del vile denaro,
alla gloria di un Dio
che forse di qua non è passato mai.
Qui i miei peccati si amplificano
e si confondono con quelli dell’umanità.
Muovimi il sole
che ho l’anima incastrata
tra i pensieri.
Dai, muovimi il sole
che ho perso
la dimensione del tempo.
Non so più
se stare fuori o dentro.
Mi struggo
per la mia vita silenziosa.
Amore fu, amor per gioco
quel momento che divampò quel rogo.
T’amo ancora come quel giorno
quando scomparve tutto attorno.
Amore fu, amor perduto
anche se minuti era vissuto.
Amore grande, amore bello
tenuto tra le mani con un gioiello.
Amore ancora, seppur cambiato,
vissuto con te, tutto di un fiato.
(Nanilastrega 04/15)
Esistono stanchezze
Che si vestono di memoria
Che riconosci perché
Ti spezzano il cammino
E il ricordo ti racconta
Un futuro già vissuto
Eppure il prossimo passo
Sarà nel vuoto
Nel buio
Nel precipizio che ha il fondo
Tappezzato di rovi e di spine
Perché non hai imparato a volare, baby?
L’hai già vissuta questa storia, lo sai come finirà!
Le mie ali sono sfiancate dallo sforzo vano
Ed è vero, conosco la fine ma non il come
Non so come i passi condurranno a quel non lieto fine
Già scritto.
Scritto in un libro che incombe.
Non voglio sapere
come arriveremo al non lieto fine.
Non voglio camminare
per poi precipitare tra i rovi
Non voglio più essere scritta
in un libro che non voglio leggere.
Le aveva desiderate tanto quelle scarpe dal tacco vertiginosamente alto, aveva risparmiato, si era sacrificata, fatto la cresta sulla spesa, ma ora erano sue, le volle indossare subito. I primi passi traballanti, si avviò, ma sulla porta del negozio il dramma, si storse la caviglia e cadde, cercò di afferrarsi alla porta, ma ruzzolò giù per i cinque scalini, battè la fronte su di uno, svenne. Si risvegliò all’ospedale, fronte bendata, cinque punti di sutura, possibile frattura al naso, ematoma gigantesco, lussazione alla spalla, possibile danno alle cervicali, collarino ortopedico, ingessatura alla caviglia, prognosi di due mesi. Carlo, avvertito, accorse all’ospedale, lui, un omaccione grande e grosso, volle prenderla in braccio, gli dissero che doveva portarla con la sedia a rotelle. La stava spingendo fuori, quasi sulla rampa due donne gli si pararono dinnanzi “ Cara che ti è successo?”- Carlo rispose “ È caduta dalle scale”. Sentì un gran dolore all’inguine, il calcio era arrivato a segno, s’inchinó e la borsetta gli arrivò sulla nuca, c’era dentro un mattone, la donna lo portava per autodifesa, cadde in avanti e lasciò la sedia, che si avviò giù per la rampa e alla fine sbattè con violenza contro un’ambulanza; lei sentiva le urla : “Assassino! Femminicida! Vigliacco !”. Prima di svenire nuovamente, vide le due donne massacrare di colpi il povero Carlo. Lo andò a trovare in ospedale. Lei sulla sedia a rotelle, l’altra gamba ingessata, lui con prognosi riservata, tutto bendato come una mummia. Lei disse “ Ti giuro che mai più comprerò un paio di scarpe con tacco”.
C’ erano storie di vita
Di mani ruvide, di fatica
Occhi di pianto
Di famiglie lontane
C’ erano sguardi di bambini
Gioiosi e “picciosi”
E poi c’ erano funi aggrovigliate
su bauli che custodivano sogni di cartone per un futuro migliore
C’ era l’ amore, quello vero , quello che profumava di niente e di cuore
Sei lontana
come la luna
che si nasconde
ed appare
strada d’argento
sull’oscuro mare
La mente naviga
l’onda delle dita
sulla pelle tua
ci posa una carezza
che forte ride
stretta t’abbraccia
Poi rotola nell’alba
del prato tuo fiorito
per dissetare Venere
e l’aurora di rugiada
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