Ho mani grandi
e goffe
Vivono di spicciole carezze
e non so
se avranno mai la forza
d’una preghiera
O se, godranno un giorno
della potestà concessagli da Dio
per arrivarti al cuore
Le mie mani sono ruvide e sgraziate
e possono lasciare segni
Spero di non graffiarti il cuore
se ti accarezzo
Parlo e nascondo
In ogni parola
l’ombra di pensieri mai detti
Per ogni gesto, altri mille
muoiono al Sole
Sento gridare
un amante dona insulti all’amata
che lo ricambia con graffi e pugni
Anche qui, regna il non detto
e il non fatto
È così
che volendo spiegare si cela
volendo amare, si odia.
E saranno
sguardi
intensamente sfuggenti
e saranno gesti
spontanei e inusuali.
Saranno
attenzioni incerte
e improvvise
curiosità da colmare.
E sarà anche
l’imbarazzo
delle parole sempre improprie
di una verità
cui soltanto Lei,
bocca contro bocca,
potrà dare
una voce eloquente e vera.
Lame dorate trapassanti che ci illuminano i corpi,
lasciano in te fili sottili da candido quaderno,
ove io possa scrivere in bella calligrafia liriche smaniose,
dove ogni punto sulla tua pelle non è punto,
ma virgola bruna, affinchè io oltre possa continuare.
Lame d’argento dal filo sottile impregnato di rosso
vanno a squarciare lo scudo avveduto senza blasone,
lasciano segni invisibili, poco indelebili, sulla mia pelle,
entrano e invadono senza assediarsi, fanno dimora
e accendono fuochi che io non riesco a placare.
Umido è il mio respiro
Acqua che scorre ovunque
Nebbie e gelo
Piogge continue
lungo i miei capelli ribelli
I miei piedi tra laghi
e fiumi sempre freddi
Il mio petto dove
vivono le tue lacrime
Le mie ormai silenti
Acque
Umido è il mio respiro
Fuori e dentro me
Pure nel mio onirico
Un’acqua immensa salata
che un giorno
tentò di annegarmi
ma poi decise di partorirmi
Umido è il mio respiro
Abbraccio ricordi
li cullo per tenerli cheti
Sento ancora odori
profumi lontani
che il tempo non cancella
Voci parole
la loro eco nel cuore
Riscaldano freddo tempo
di malinconie
E’ come sbornia
di affetti distanti
nei tempi nello spazio
Irraggiungibili
Dove vorrei perdermi
ubriaca
Lì dove arriva lo sguardo
Su quella linea dove
cielo e terra si fondono,
Dove il sole tuffandosi nel mare
Ritrova se stesso…
Lì mi siedo.
A cavalcioni su quella linea
dove tutto finisce.
E.. mi sporgo.
Sospesa tra qui e altrove
In bilico sto.
Sdoppiata.
L’anima desidera tuffarsi
Il corpo, impaurito,
Le resta aggrappato
E guarda indietro.
Vertigini, pensieri, sensazioni.
Penso a cosa voglio
Sento, non più qui.
Mi proietto nel non ancora.
Il buio mi eccita.
Altrove.
Vivró. Vedrò.
Se fossi greca oggi
avrei un canto sulle labbra
festa nei passi e nel segno
traccia decisa della mano.
Se fossi greca oggi
avrei una bandiera al vento
e in fondo al cuore
pronta anche alla sconfitta
libera dalla resa.
Se fossi greca avrei già vinto
senza altro desiderio di premio
se non il mio no sostenuto
e condiviso.
Invece cresce il mio sdegno
stretto ancora in giorni di protesta
contro muri di bandiere
negate al vento.
È ferma l’aria.
Sarà più calda del previsto
la piazza
in un sussulto disperato.
Canta ancora un no ostinato
sulle labbra e nel cuore
anche senza festa.
E una promessa di vento.
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