Mia primavera
Più della libertà,
voglio restare in questo mio
tempo impunito
a spiare il cielo di vetro dal
basso delle nuvole
e contare i capelli sul cuscino
all’alba di una notte che non
se ne vuole andare.
Vivere di pensieri in divieti di
sosta
e di parole refuse per
scampoli di poesie
Soffiare via tutta questa
polvere
e ubriacarmi di vernice fresca
che sa di nuovo inizio e di
nuovi intenti.
Spalancare le finestre in
questo angolo di paese
profumarsi di vento
di collina che scompagina le nuvole e
spiegazza le foglie…
Sentire addosso il formicolio
di un’altra estate da
spalancare
per riempire gli occhi di luce
fresca e bambina…
infilare ad una ad una le ore
di questi giorni
come perle di una collana
per il vestito della festa
al suono di campane della
domenica mattina
benvenuta mia prima vera
primavera!
Dottorella è una bella dottoressa specializzata in igiene dentale per l’ infanzia, è un’ igienista per bambini, non una dentista, non usa trapani o punture, niente di cui aver paura. Mariolino è un bambino sempre imbronciato , calmo, silenzioso.
Oggi la mamma lo ha portato da Dottorella ed oggi è ancora più triste. Lo è per strada, nella sala d’attesa e nell’ambulatorio di Dottorella.
Fargli aprire la bocca è molto difficile, ma Dottorella ride, scherza, si mette il naso finto, le orecchie da coniglio fa un po’ la stupidella, tanto da far cedere Mariolino in una sonora risata. Il bimbo si rilassa e Dottorella lavora con facilità.
Si incontreranno di nuovo? Mariolino avrà ulteriormente bisogno di Dottorella? Nessuno può dirlo.
Oggi la maestra ha assegnato il compito di matematica e Mariolino ha fatto un bel sorriso per farsi coraggio e renderlo almeno un po’ più facile.
Dischiudo timidamente un occhio e la luce mi trafigge, ma è una luce benigna,
discreta, che filtra dalla persiana. Mi rigiro nel letto, con un pensiero dolce
e positivo: oggi è Maggio!
Dalla cucina un confabulare confuso e ridacchioso: «Parlate piano, mamma dorme!
Sorrido sorniona mentre mi stiracchio ed eccolo il ribollire soffuso che porta
l’inebriante profumo del caffè.
Buongiorno mondo!
Ama,
ridi,
sotto pergolati di neve,
di glicine aulente.
Balla,
salta,
alle foglie di maggio
portate dal vento.
In quello scorcio di mare
che ti ha dato i natali,
una bocca fremente,
un cuore impaziente di tramontana.
Sogna,
spera,
nell’alba infuocata
da profumi e mistero.
L’usignolo già si posa
dove l’Oriente disegna la sua passione.
Canta la gioia della vita
tra un chiaro di luna
e perle di lacrime assopite.
Sei il mio inno alla vita
Commosso sogno
emozione incompiuta
Un sorso di gioia intensa,
cercata
creata nel dolce
abisso dei tuoi occhi.
Inizio e fine in un sorso
di blu di tutte le notti
In cui odoro le tue labbra
Formicolia, una piccola formica argentina dell’entroterra Ligure, uscì di maggio a far provviste per il formicaio.
Vide un formichiere sdraiato su di un telo di fòrmica e si nascose.
Piangeva il tapino e allora la formichina, mossa a compassione, lo raggiunse e gli chiese perché lacrimasse.
«Ho una spina conficcata nella lingua non posso mangiare ».
Formicolia, formica premurosa volle aiutarlo. Tanto fece che riuscì a levargli la spina.
«Ora, a rigor di logica, ti dovrei mangiare; invece per ringraziarti voglio farti un regalo».
E le regalò un buono omaggio valido per un mese.
Formicolia, che fremeva dalla gioia, andò con le compagne al supermercato prospiciente il formicaio e si fece consegnare provviste alimentari per cento euro.
Da quel giorno, ogni primo maggio di ogni anno, fecero una grande festa, quelle lavoratrici,
chiamandola “La festa del Buonomaggio”.
E tutti vissero felici e contenti.
Eccoti che arrivi.
Nel sole di maggio
Come un dono inatteso
Come il mare incompreso.
Si è spalancato un sogno
Si è svegliato quel senso che illuso attendeva.
Colori il bianco e nero
Amorevolmente risuoni
Anche senza musica
Perché sei l’unico strumento
Che so suonare.
Amore.
Il tuo nuovo nome.
Ed io che ti nutro
Regalo al vento ciò che più siamo.
Legame sacro.
E sarà sempre luce
Tra un biscotto e l’ altro Jan si è raccontato. Ha 70 anni ma ne dimostra il doppio.
Sta tutti i giorni su quella benedetta panca di cemento a Gorky Park. E lì, lui ha trovato me.
Sa di puzzare ma quando fa freddo non trova il modo di potersi lavare, allora rimane lontano
da tutti e a forza di dai, ha iniziato a parlare con le nuvole. Non credo riuscirà a passare
l’inverno, ci vive praticamente su quella panca.
Gli ho regalato delle coperte, ma non basta non basterà mai. Un pugno allo stomaco mentre
gli dico che non ci si vedrà mai più. Lui tace. Poi una risata senza denti nel mezzo una frase…
«Noi siamo immortali!» e ride! Allora capisco tante cose che pensavo di sapere già.
Della ricchezza del nulla e di ciò che mi viene donato ogni volta. Un pezzetto di cuore altrui
che entra nel mio. E Jan ha ragione… e l’avrà per sempre.
Ci vuole così poco nel divenire immortali in un respiro affannato di un cuore che batte.
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