“C’è chi, come me, ha un cuore troppo grande per il petto che lo contiene”
È un cuore che anche a riposo batte forte, che scavalca pulsazioni e non rallenta mai. Chi come me, racchiusa in una piccola valle, tende l’orecchio ad ogni cosa seppur di poco valore, può essere il rumore d’una viola che scosta le foglie secche nel suo nascere o un soffione che come un mondo sovrasta i prati.
E poi il vento che bacia le gote, un fiocco di neve che sbaglia stagione.
L’orticello dalle collette ben allineate, i nuovi germogli in fila, verdi come soldatini.
Gerani appesi alle ringhiere, dai boccioli appena aperti, rossi come ferite.
E i mandorli in fiore che fanno primavera, i campanili e le rondini in volo come sulle cartoline d’auguri pasquali.
Chi come me sgrana le emozioni non ha silenzi, eppure sente echi al cadere d’una piuma…
Permaloso , scostante, bambinone impenitente, Peter Pan di cartapesta, a braccetto con Merlino… son soltanto ioebasta.
Permaloso scostante…
Due braccia, due gambe, una testa ed un cervello (… facciamo mezzo …); un cuore gonfio, un fegato, polmoni due… e un pisello… beh sì … pure quello.
Il resto, cianfrusaglia alla rinfusa, senza senso e senza colpa: emozioni, ferrivecchi, sentimenti arrugginiti, cocci rotti di bottiglia, un “sapere non sapere”… tutto quanto un pò poltiglia, tra frizzi, lazzi e smoccoli svogliati … e l’istinto sempre di guardare di là dal muro, oltre l’orlo scivoloso del vaso di marmellata, dietro la siepe, dentro quel fosso, dopo quella cunetta e il dosso… Nebbia, nebbia solamente, nebbia in tutte le stagioni… ed una smorfia in faccia.
D’amore e di rabbia
Trascorso è il nostro tempo,
silenzioso mi avvolge
il quieto vuoto del non amore.
Niente scalfisce il nulla.
Resta una carezza lieve
in forma di pensiero,
al primo soffio di vento
tu possa sentire che è mia.
“Quando rileggo ciò che scrivo, incontro me stessa, mentre gli altri non mi riconoscono”
Sorrisi ti scavano dentro,
diventano risate fino a
scuoterti gli organi,
a colorare la pelle,
e lacrime sgorgano,
per farti brillare.
Il sangue è veloce
diventa estuario
pronto all’incontro.
E’ la gioia: la riconosci, e lei
ti riconosce! Nasce!
Come lastra di cemento divorata dal sole.
Arrotolo i giorni in gomitoli di piacere,
li metto da parte in ceste vuote,
scorte d’assenza di te.
La gioia è passata puntuale.
Echi di vita ti rimbombano nelle orecchie.
Il cuore si perde in aritmie.
Le lacrime tornano sui sentieri conosciuti.
La realtà è diventata sogno.
E mi riconosco davvero, adesso,
che mi hai insegnato a sognare.
“Senza credo cammino sulle spine, le ferite sono sorrisi lucenti nel sole delle mie scelte.”
Peppe Cirillo
“Credo così tanto, da seguire la luce. Calpestando campi di spine ho trovato la felicità.”
Maria Fioravante
La libellula e lo scorpione
Un vivere senza vita. Giorno, ore, minuti passati senza meta.
Volavo come una libellula, con le ali della fantasia, ed è stato lì nell’universo incantato che sfiorando la tua spalla forte ho incominciato a vedere il vero mondo. Mostrandomi liriche e dipinti, mi hai insegnato a sentirli spostando quel velo che copriva il loro messaggio, dandomi vita. Una libellula, io, fragile per tutto ciò. Uno scorpione,tu, pronto a combattere se aggrediti.
Uniti da una fascia di luce ci compensiamo.
Io sono ciò che tu non sei, tu sei ciò che io non sono.
Dalle nostre imperfezioni cogliamo dall’altro qualcosa che ci rende perfetti,
solo uniti riusciamo a lottare contro la sordità del mondo.
Ho visto la magia nelle tue ali, libellula vagabonda che incroci il mio cammino. Ho preso un pò della tua tenerezza e ho condiviso con te un pò di me per attraversare insieme questo fiume in piena che ci spinge senza ombre verso burrascosi mari fatti di luce e di spine, così diversi, così vicini.
Siamo barchette alla deriva che si allontanano e si ritrovano per darsi equilibrio a vicenda.
Le paure si riducono a sussurri che vanno a perdersi nel buio della notte e ci ritroviamo sorridenti e forti a inseguire i nostri sogni, scegliendo di essere felici nei nostri universi in questo piccolo mondo sordo.
Vivo con i ricordi e non di ricordi volteggiando tra sogni e cogliendo cose belle
Allo specchio
Sono tutti qui i miei anni, nello specchio, e li guardo. Con un dito mi sfioro le rughe sotto gli occhi, e quelle malefiche che mi contornano le labbra. Inclementi, fanno parte di me, della mia storia: solchi di lucenti primavere e di dolorosi inverni. Lo specchio mi aiuta a ritrovarmi, a leggermi dentro emozioni recenti, e ricordi sfumati dagli anni. Combatto ogni giorno con le mie paure, litigo e mi confronto con esse, che lentamente mutano. Mi riconosco in quello che sono stata, non conosco cosa sarò: quello è il domani. Intanto amo, leggo, scrivo, fantastico, mi studio e, quando posso, mi sorrido. È tutta qui la vita: in ogni istante che riesco e ricordare, adesso. Non lascio niente indietro e continuo a rincorrere sogni.
“Rubando bontà, nei vicoli luridi dell’animo umano, tesso trame d’amore, con cui sopravvivo”.
Di quel che resta
Che altro resta nel mio vagabondare se non far festa
nel nome dell’amore
che all’alba mesta mi vide attore
perso nella testa piena di dolore
solo ora che il sol s’appresta
a tinger di rosso il suo colore
ascolto il mare nella tempesta ruggire
I baci dell’unico mio amore.
“Mi si chiede qualcosa di succinto e succoso su di me. Che dirvi?
SPREMUTA DI MENINGI!”
Ecco.
Detto questo avrei già finito ma ho come l’impressione che non sareste soddisfatti. Quindi, afferro il temperino, faccio la punta alla matita e comincio. Da bambino ero fermamente convinto di essere il centro dell’universo. Mi chiedevo infatti com’è che dovunque guardassi vedevo panorami mai definitivi, sempre qualcosa di nuovo oltre le montagne e le pianure che mi circondavano. Non parliamo poi se guardavo il cielo, vedevo milioni di stelle che ne nascondevano a loro volta altri miliardi, un poco più in là, e tutto ciò partiva a raggiera esattamente dai miei occhi. Se guardavo in basso, dove tutti vedevano un pavimento piatto, io percepivo la lieve rotondità della terra. Mi sentivo un’instabile giocoliere al centro della terra sempre in procinto di perdere l’equilibrio. Per fortuna il mare lo conobbi a otto anni quando questa fase era già superata, sennò sarei annegato senza bagnarmi, sentendomi al centro dell’oceano. Poi per fortuna crebbi e capii che TUTTI si sentivano al centro del proprio personale universo. Cominciai così a cercare di vedermi con gli occhi degli altri. Cosa maledettamente difficile a farsi. Gli occhi erano sempre troppo piccoli e le immagini di me dentro le pupille degli altri, ancora più piccole. Insomma, non mi vedevo proprio. Allora cominciai a scrutarmi allo specchio di casa che mia madre, non so perché, chiamava Narciso. Vedevo soddisfatto un’immagine di me, definitiva e perfetta (pensavo); ma in realtà non era affatto così. Anche se lentamente continuavo ad invecchiare ed ogni volta che mi specchiavo ero diverso dalla volta precedente. Insomma non riuscivo a focalizzarmi in un me definitivo. Poi passai alle fotografie e le cose migliorarono. Lo scatto richiedeva un tempo brevissimo ed ero sufficientemente me stesso quando mi guardavo. Poi cominciarono anche li i problemi, io, seppure sempre lentamente, continuavo ad invecchiare, la foto no e non mi rassomigliava più: un’altra immagine di me sbagliata. Ora finalmente ho rinunciato alla ricerca di me stesso, dopo la metamorfosi non ambisco più a capirmi e vivo cantando. “Non hai parlato della tua personalità, del tuo carattere. Hai eluso il tema che dovevi elaborare” direte voi. Ma che carattere, che personalità può avere mai uno scarafaggio proprio non saprei, non volete capire che io sono K è chi scrive per me è ormai uno scrittore fantasma!
“Forse un giorno capirete chi sono. Voglio sorridere delle mie lune. Domani… il mio destino.”
Questa sono io
Il mio destino nasce da una testa
che comincia dagli occhi,
dal tempo che rincorro
a memoria di cuore.
Mi conosco
anche se non vorrei.
Quando scatterò una foto
vedrai l’anima che nasce.
Dicono di me:
“Sembri di un altro Pianeta”
Non so cosa dire
e mi scappa il cielo…
Attraverso sempre sulle strisce ma a volte mi viene la voglia di fermarmi in mezzo alla strada per vedere come è che finisce.
Forse mi mette sotto questa cazzo di vita, finalmente!
Potrà sempre dire che è stato un incidente
O magari si ferma mi abbraccia e mi dice:
«Coraggio, che ti do un passaggio!»
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