I tre buffoni
Tre è un trio
tre è una triade
tre è la trinità
tre lati ha il triangolo
tre alberi il veliero
tre è il numero perfetto
tre sono i porcellini
tre sono qui, quo e qua
tre i bassotti della banda
ma se a capo sono in tre
vai a capire chi comanda
con la triplice alleanza
si è avviata la nuova danza
danno ordini a destra e a manca
tutta la truppa si stanca e si sfianca
e crepa sopra o sotto la panca
uno mangia e fa di conto
due piange ogni momento
tre non c’è, ha un contrattempo
il sociologo eminente
lo dichiara apertamente:
le bugie son professione
questo è il potere
imparate la lezione!
La nozione di potere
è il contrario dell’amore
perché – ormai si sa
nega ogni solidarietà
alla corte del re
sarebbero sempre in tre:
tre simpatici marpioni
tre burloni mattacchioni
tre buffoni lazzaroni
Vincitore
Renata Olivetto
La tela del ragno
Era un’ alba caldissima. Una formichina già lavorava per portare al sicuro le provviste per l’inverno. Quasi vicino al suo formicaio appeso ad un filo di seta un grosso ragno nero dondolava da una foglia all’altra disegnando divertentissime traiettorie. Lei lo guardava stupita e con un po’ d’invidia. -“Io lavoro sempre, mentre lui si diverte”- pensava. Il ragno furbacchione, con dolcezza la chiamò. -“Ciao bellissima formichina,fermati a giocare un po’ con me; lavori sempre, ma sei ancora piccola, dovresti giocare, non lavorare”-. La formichina rispose -Non posso, devo portare questa briciola di pane nella dispensa-
Poi, stanca e invogliata da quelle lusinghe, decise di fermarsi solo un momento per riposarsi.
-Va bene… fammi salire- gli disse -ma solo per un attimo-
– Certo- rispose il ragno, già con l’acquolina in bocca.
Le avvicinò il filo di seta luminosa, la formichina lasciò la briciola e afferrò quel filo prezioso; in men che non si dica il ragno imprigionò la povera sventurata nella sua tela e stanco delle sue grida se la divorò.
Morale : Bisogna fare molta attenzione alle troppe lusinghe , dietro potrebbe esserci una trappola.
Secondo classificato
Maria La Bianca
Niente per cena
Si erano nascosti nella tana, mamma coniglio insieme con il figli tremanti e stretti contro la parete perché nessuno arrivi con gli artigli. Da lì era passato un cacciatore con la cintura carica di piombo ma la fortuna volle che al momento fosse distratto dal volo di un colombo. Di uscire allo scoperto non c’è verso disse la madre ai figli già affamati ché se una volta abbiam salvato il collo non sempre saremo risparmiati. Si stringono più forte i fratellini implorando per un cespo d’insalata e la mamma che bene sa la fame allunga fuori il muso addolorata. Dentro la tana sarebbero al sicuro ma non può sentire ancora quei lamenti perciò vorrebbe superare la paura per dare ai figli qualcosa sotto i denti. Vola basso sull’erba uno sparviero uscito da una macchia lì vicino per procurarsi andando così a caccia se non il pranzo almeno uno spuntino. Niente da fare, non c’è proprio verso, dobbiamo sopportare a pancia vuota sperando che si stanchi di aspettare e a noi tocchi in premio una carota. Il giorno è lungo senza aver mangiato e arriva infine il buio che tutto inghiotte si fanno più flebili i lamenti mentre attendono la resa i predatori oscuri della notte. Nemmeno la speranza così resta a chi è vissuto sempre in preda alla paura e sarà la fame prima o poi a farlo fuori se non c’è stata ancora una cattura.
Riflette lo sparviero: «Che mi costa?Mi fò vegetariano a bella posta!».
Così fa fuori dei conigli l’insalata, mentre coniglia osserva preoccupata.
«Sparviero, mangi il pranzo dei miei figli? Un cancro ti consumi e ti si pigli!»
Come gli dico che ti sei fatto vego e che ti sei mangiato l’insalata, che gli spiego?
«Coniglia, sono tempi duri assai, voi state rintanati, io devo pur mangiare, tu lo sai.
Bisogna che si cambi, non datevi alla fuga non mangio più la carne, mi mangio la lattuga».
«Lo sai che hai ragione? Bisogna pur campare, anche a noi serve qualcosa da mangiare.
Venite qua ragazzi, guardate quanto è bello, si fa per dire certo, quest’uccello…
se lui s’è convertito, mangiando la verdura, ci convertiamo adesso pure noi, senza paura».
Ciò detto, in un sol salto i rosicanti si gettano sul povero sparviero tutti quanti
che colto senza dubbio di sorpresa dichiara al mondo intero la sua resa.
La storia sarà trista ma ci insegna che non sempre è il fato quello che ci segna
e che a capovolger la natura, non sai cosa t’aspetta, che c’è d’aver paura.
Terzo classificato
Lucia Amorosi
Le favole di Mimma
Mimma raccontava favole, sottovoce, per non disturbare. Prendeva una favola famosa e gesticolando, lentamente, la plasmava a modo suo, sempre sorridendo con gli occhi. Allora magicamente uno stupido principe restava ranocchio; la fanciulla brandiva una spada e si liberava da sola dal drago; la bimba vestita di rosso passeggiava nel bosco con il lupo e spesso li trovavi di sera, con la nonna, al pub. Mimma regalava le sue fiabe che sapevano di vita vera pur non rubando nulla al sogno; chi sapeva ascoltarle si addormentava felice.
MORALE: Possiamo cambiare i finali delle favole, possiamo stravolgerli. Siamo liberi di sognare.
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