Con calma,
gambe accavallate, polso fermo
la mano compiva il tragitto dalla bocca
(dove la lingua umettava l’indice laccato)
alla rivista, dove quel dito piegandosi sfogliava,
sfogliava, cercava.
I denti mordicchiavano labbra rosse.
Le ciglia pesanti accompagnavano lo sguardo acuto
che coglieva ogni immagine, la catalogava
e la consegnava al cervello.
Con calma,
le pose di quei corpi,
quelle membra muscolose, quelle carni nude
provocavano nella donna dei lampi di luce
che, uno ad uno,
dalle sinapsi arrivavano alla pelle,
sotto la pelle, sotto la gonna.
Raccoglierò i pensieri
come castagne,
via le spine.
usciranno lucenti
e invitanti, frutto
di questo autunno
che avanza.
Con le lunghe foglie
farò corone
e ornamenti,
come quando ero
bambina.
Nell’aria
un buon odore
di caldarroste.
Per sconfiggere così
la lieve malinconia
delle brume
d’ottobre…
Quando entrai lo vidi subito, stava seduto al solito tavolo, la vecchia giacca di fustagno e un cappello nero da buttero calato sugli occhi.
Sul tavolo un bicchiere di vino, un tozzo di pane e due fette di pancetta. Feci un segno con la testa e lui assentì, sedetti.
Fece un cenno e Gianna mi portò un bicchiere di rosso.
Era scuro in volto e la piega delle labbra denunciava amarezza mista a rabbia.
Sapevo che Francesca, sua figlia, aveva venduto la cascina e che sarebbe andata a vivere in città.
– Domani va via? –
– Si –
– E tu? –
– Boh? –
Il suo sguardo stava perduto su una goccia di vino sul marmo bianco che sembrava una goccia di sangue.
All’improvviso socchiuse gli occhi e strinse le labbra, serrò i pugni e li battè con forza sul tavolo
– Porca vacca puttana! – urlò.
Si alzò, la sedia cadde e si fece silenzio.
Mi afferrò le mani e le strinse con forza; io sentii il tremore e il gelo.
Si avviò e uscì in strada sbattendo la porta.
Venne Gianna e con un strofinaccio, asciugò il vino versato.
– Che succede? –
– La figlia va in città, ha venduto tutto e lui domani va in una casa di riposo-
Pagai e uscii. Vidi la sua ombra che si perdeva nella nebbia.
Poi non lo vidi più, nella notte si era lanciato dal ponte della ferrovia.
Soffiava da un po’
un ponentino leggero,
fresco e invadente,
scarmigliava i capelli,
carezzava le gote
rubava sorrisi,
raccontava bugie a chi lo ascoltava,
cantava promesse, gioie…
e illusioni d’amore.
Archivi
- Ottobre 2017
- Settembre 2017
- Luglio 2017
- Maggio 2017
- Marzo 2017
- Febbraio 2017
- Ottobre 2016
- Settembre 2016
- Agosto 2016
- Luglio 2016
- Giugno 2016
- Maggio 2016
- Aprile 2016
- Marzo 2016
- Gennaio 2016
- Dicembre 2015
- Novembre 2015
- Ottobre 2015
- Settembre 2015
- Agosto 2015
- Luglio 2015
- Giugno 2015
- Maggio 2015
- Aprile 2015
- Marzo 2015
- Febbraio 2015
- Gennaio 2015
- Dicembre 2014
- Novembre 2014
- Ottobre 2014
- Settembre 2014
- Agosto 2014
- Luglio 2014
- Giugno 2014
- Maggio 2014