Giocava sulle scale.
Lei e la sua bambola nuova
si raccontavano favole.
Non era un principe alla porta.
Restò la bambola sola
ad occhi spalancati sul niente.
Lei strinse il buio nei suoi
e la mano dell’orco.
Seppe il prezzo della fantasia
lasciata sulle scale
e imparò il gioco a rialzo.
Rubacuori nel nome
ma ogni cosa era stata comprata.
Varchiamo il labile
confine del sogno
Saltando la vibrante
corda dei sentimenti
Senza paure o barriere
Porgiamo il viso
al sole con audacia
Corriamo ridendo
sotto la pioggia
Non esiste
altro luogo
altro tempo
D’un tratto
Inquietanti presenze
e prepotenti echi
costringono i sensi
atterriscono lo sguardo
Le gambe si fanno deboli
Ad ogni slancio
l’anima pesa
il cuore sanguina
la mente grida
Ci possiamo arrendere
Con vile rassegnazione
Possiamo tentare
con occhi di triste speranza
Possiamo credere
riscattando l’antica scintilla
Nessuna via
sarà giudicata
Io scelgo
di non morire dentro
Al crepuscolo
per mano
assaporando
silenzi
nella sera
maremmana.
Le barche
In secca
al riparo
dal vento,
ancora calde
del sole
pomeridiano.
Ci stendiamo
con gli occhi
verso il mare.
Rimaniamo
abbracciati
nella fresca
sabbia.
Intanto
si fa sera
Il pensiero si perde tra le onde delle colline, con il verde della campagna e il blu del mare, fermandosi su quel casolare di pietra fresca e bruna, mentre i bambini corrono tra i tini di legno profumato, dove il mosto scuro e vivace ribolle festante.
Una voce tuona più alte delle altre, è quella del nonno, un uomo antico con i capelli bianchi e la barba poggiata sul petto; la barba si alza e si abbassa a ritmo del suo respiro, segnando il tempo che passa, il suo sorriso illumina le pietre della costruzione, dove l’uomo nacque un giorno e dove troverà dimora la sua discendenza.
Un piccolo bosco di querce fa ombra alla casa, dando frescura preziosa nei mesi di caldo assolato della campagna di Romagna.
La salitella di cemento ruvida e grigia, immette nell’atrio di casa, davanti una scala di marmo, al suo fianco si apre un lungo corridoio buio con piccoli salottini infilati come una collana di perle su cui è inciso il nome di ogni antenato, gioielli di ricordi per non perdere la memoria dell’antica famiglia.
Il vecchio, ansimando, avanza sul pavimento di cotto sconnesso, spiegando, da buon padrone di casa, la vita che si srotolava tra quelle stanze all’epoca della sua infanzia, un’epoca passata, ma non dimenticata; la vita di oggi è figlia di quella di ieri e il profumo di muffa e di buono, che assale le narici dei giovani visitatori, deve rimanere impresso nel ricordo, per avere la forza di guardare avanti e di crescere. Un giorno saranno loro a illustrare quella casa ai figli e ai nipoti, se questi avranno ancora la pazienza di ascoltare.
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