Lei.. come apnea,
apnea senza fine tra due respiri,
mentre mi stendo sulla sua pelle
che mi si graffia tra le dita.
Che nessun uomo mai potrà capirmi
se non ha l’onda del mio sangue
che mi scarroccia nelle vene
quando spalanco quella porta, dentro lei.
Padrone e schiavo dei suoi sensi,
possessore e posseduto,
mi perdo là,
tra le sue gambe ed una ruga
là dov’è l’oblio del mondo.
Il mio bicchiere è vuoto
sono ubriaco alle sue labbra,
senza ragione mai di un sobrio
felicemente folle,
bacio la follia.
Lei… UNICA,
che al primo incontro al buio
già ne amai l’odore.
Osservo oltre il muro,
sono al sicuro, anche da me stesso,
in una sorta di chiaroscuro
lo sguardo volge sovente al cipresso.
Nascondo remoti silenzi nel vuoto di false parole,
parlo senza sentire, sento senza ascoltare,
immerso nella visione di mai palesare
il proprio prezioso e viziato valore.
Avverto un solitario me ribelle,
affamato, graffiante, eppure esitante,
vorrebbe respirare aria pura, sfiorare altra pelle.
Paura che offuschi la vista, la confondi, sei vizio,
stremi le membra, oscuri il sole, ti alzi col vento.
Dopo di te, immoto e cruento, è solo silenzio.
La’… dove il giorno spinge la notte al limite
esplodono i colori
esplodono i silenzi
esplodono le verità
La’… nascono i gesti antichi dell’uomo
i riti della pesca dove si intrecciano tradizioni e identità
tutto è lento e ritmato
in quella musica antica dei pescatori del lago
creata per dare senso
all’umano pensiero.
Al volante dell’automobile la vidi, d’un tratto, nei monti lontani ancora bianchi di neve: era la sua scollatura generosa che scendeva, bianca, dal collo slanciato per offrire gli omeri ed il solco tra i seni, forse un canalone nel quale il disgelo era già cominciato; poi notai quelle colline, quasi delle montagnole simmetriche, su cui due case coloniche, con la loro corte di alberi isolati ed i comignoli, evocavano i suoi capezzoli, irti sulle mammelle floride e fiere; la trama delle stradine, sinusoidali per la salita, bordate di cipressi, disegnava sul versante la linea dei suoi fianchi; e, sul piano più ravvicinato, due campi verdi d’erba, ravvivati dalle ultime piogge, intrecciavano le loro textures come due cosce; m’incantai davanti alla macchia triangolare che si era formata intorno alla piccola forra centrale ed al laghetto artificiale, per l’irrigazione.
Un delta vegetale che suggeriva passeggiate, esplorazioni e soste deliziose.
Dovetti fermare l’auto e stropicciarmi gli occhi; ma lei era ancora lì, la mia donna paesaggio.
Soffri, forse
al pensiero invadente
che nulla,
nulla rimarrà
nel ventre dell’amata
a ricordare
che hai vissuto.
Ancora non sai
che tante
tante volte
partorirai
creature strane
a ricordare in eterno
che hai amato.
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