Non si sa cosa sia, un altro mondo fatto di immagini a compasso. Preciso nell’espressione, riflessivo, di strade camminate. Un mistero di colori che non si chiariscono a parole.
E non importa se la notte giri intorno a nuove ore, che il buio si rallegri.
Nuove le dita appena forti per imprimere l’orgoglio di rifinire i contorni. Nuovi anche i sospiri per non riuscire a leggerlo.
Di fronte, appena oltre un confine di terrazze, e non dorme.
Di regali come questi il mare ne concede, basta solo non urlarglielo quel grazie.
Rimani dove l’erba appena tagliata
ci ha visto bambini,
dove stelle alpine delimitano pascoli
e rivoli di latte,
dove le vette rosa raccolgono
il tuo profumo.
Non ti muovere,
resta in un mare ancora basso
che ti può giocare
e in onde che raccolgono sabbia
per costruir scrigni.
Non ti muovere,
perché nell’ aria ti possa incontrare
e il tuo suono possa mostrarmi il cammino.
Di quando irrompi, vento.
Tessuta d’aria e niente.
Un inganno che non mente.
Di quando bisbigli, canto.
E mi porti fino al pianto.
Merlettandomi di Te.
Di quando sei silenzio, attesa.
Una promessa mai baciata.
Ma non ti tocca, la mia resa.
Chiedo scusa, se parlo di Poesia.
Chiedo scusa, se parlo della mia.
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