Anna Karenina
abita qui.
Tra questa neve,
e le scie della strada
sono i binari.
Un momento
ho vissuto
di un’altra vita
in un’altra epoca
ma stessa intensita`
e scenario.
Guardo spesso dietro i vetri opachi
Poco scorge il mio lento sguardo
Scuoto il capo ed il pensier attardo
A quei giorni, oramai già vaghi
Quando il mondo trattenevo in mano
E di quel regno, eri la regina
Occhi chiusi come Rosaspina
Io bramavo il tuo corpo sano
Ogni giorno compio gesti uguali
Conto i passi dal divano al letto
Canto storie, che vengono dal mare
Maledico ore, giorni, natali
Piango tranquillo, non ho nessun rispetto
Per quell’uomo, che non seppe amare.
“I sonetti di Sintetizziamoci” Marzo 2015
Vincitore
Una goccia di pioggia si posò su un vetro.
Era freddo e liscio, non dava appigli.
Sperò di potersi fermare un momento a fissare cosa c‘era oltre.
Oltre quel vetro vide due occhi ed una mano che la salutavano.
Poi un dito seguì il suo viaggio, la sua scia, e la accompagnò per non farla morire da sola.
Lui mi sedeva accanto, pranzava, cenava e dormiva con me.
Dal giorno della morte di mia madre, seguiva ogni mio passo.
Era forte, quasi quanto la mamma, ed io ne avevo lo stesso rispetto anche se, il suo aspetto repellente e i modi di fare, mi provocavano disgusto.
Guardava le bambine, lo schifoso, risucchiandosi la lingua trasudante di saliva e blaterando incomprensibili parole impastate.
Io mi tappavo le orecchie, cantavo, urlavo o parlavo senza interruzioni, pur di non sentire quel viscido rumore.
Quante volte sono stato sul punto di spiattellarlo a tutti! Ma quello era furbo, lo faceva quando nessun adulto lo guardava.
Nessuno mi avrebbe creduto.
– Non avrà mai il coraggio di farlo – mi dicevo.
In paese mi credevano matto a fare quei versacci, ma ero innocuo e fessacchiotto, dicevano loro.
Nessuno si soffermava a scoprirne il motivo.
Spesso i bambini mi prendevano in giro; io mi divertivo a giocare con loro, nonostante sentissi sempre sul collo i vomitevoli risucchi del verme.
Un giorno lo fece, il maledetto.
Porto’ Alessia, la bambina bionda che a me piaceva tanto, nella stradina in fondo al buio e lì poi la lasciò, senza una lacrima.
Da allora tutto e’ cambiato, mi hanno messo in un posto chiuso, somiglia a una prigione.
Il porco assassino e’ sempre qui, accanto a me, non mi lascia ancora.
Ma io qui mi sento al sicuro.
Rubava bolle di sapone,
per entrare nei colori
del mondo.
Rubare lo sguardo alla luna,
non è poi una cosa da nulla,
non sai mai con quale faccia
ti guarda.
Scarno il viso,
chino su un libro di poesie.
Un bicchiere rosso davanti
e a fianco un cappello che piano prende forma.
L’ umile attesa suonando campanelli
davanti a un cancello… e donando giacca per pulire inchiostro.
Occhi come olive si specchiano
da una finestra
Cercano parole dove barche dividono
il mare dal cielo.
E vago in silenzio.
Edera abbarbicata
su muri abbandonati.
Solo il sibilare del vento
nella muta campagna.
La luna fugge dietro
lunghi rami spinosi.
Il nero assoluto
tinge la mia notte.
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