Sara ha paura del cielo.
Vive chiusa nella stanza numero undici, in compagnia della sua solitudine. Protetta dalla sua pazzia.
Nelle orecchie, costante, l’assordante rumore di un pianto.
Il pianto della sua bambina.
Sara dipinge, ogni giorno.
Il quadro è sempre lo stesso.
Una donna, che le somiglia, osserva il mare, calmo.
Sull’acqua, galleggia una culla capovolta.
Dal cielo scende, leggera, una pioggia di lacrime rosse.
Sara ha paura del cielo.
Ho masticato del bollito che sapeva di gomma,
con una salsa alla menta,
ottimo per farci le bolle.
Ho camminato a piedi
sotto una pioggia fastidiosa,
che non ha nulla di romantico,
in una città grigia
dove l’unico colore di freddo metallo
è il rosso delle cabine e degli autobus
e dove una parvenza di calore
è la luce gialla dei lampioni,
circondata però dall’alone cupo
di una nebbia fumosa.
Forse la colpa è solo del mio umore tetro.
Vorrei poter rallegrare quest’aria con un tuo sorriso.
Sono nato a Sucy, poco fuori Parigi, 59 anni fa.
Attualmente vivo nella capitale, dove lavoro.
Sono un ingegnere edile.
Amo la musica classica e l’equitazione.
Credo che il cavallo sia stato il mio primo amore, prima che arrivasse l’età per amare una donna.
Sono sentimentalmente impegnato e molto geloso della privacy.
Il mio nome è Mattia. Faccio il pescatore. Come mio padre ed il padre di mio padre. Le mie mani sanno sentire il mare e questa terra che amo e che odio perché è così che accade. Me l’ha insegnato mia madre coi suoi fianchi e seni generosi e la voce leggera come il vento quando non fa male. Sono state le parole di mia madre a salvarmi e le sue dita piccole tra i miei capelli. Mattia – diceva – anche coi piedi nella terra e le mani di mare puoi imparare a volare. Mio padre invece è un uomo silenzioso come i pesci che cattura nelle reti cucite da donne coi capelli raccolti dentro veli di pizzo nero Ha gli occhi piccoli come ferite senza sentire il dolore della vita. Senza sentire il mio pianto. Ma l’anima scalciava … Il mio nome è Nunzia. Mi piace. Mi piace chiamarmi. Tra la “u’ e la “enne” allungo le labbra e bacio il primo odore portato dal mare. Il mare può incatenare come la terra che ti genera. Ecco perché bacio gli odori che si dissolvono e non ti stringono Cucio reti coi capelli raccolti in un fazzoletto bianco. Come una sposa. La sera, indosso un vestito leggero e mi trucco con cura. Trucco questi occhi piccoli come ferite. Come mio padre. L’odio e la rabbia che si sono trasformati in Amore. Madre, anche coi piedi radicati in questa terra ho imparato a volare. E l’Anima non scalcia più
Anna Karenina
abita qui.
Tra questa neve,
e le scie della strada
sono i binari.
Un momento
ho vissuto
di un’altra vita
in un’altra epoca
ma stessa intensita`
e scenario.
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