Le vere luccicanti
Splendevano al sole
Di una Parigi a novembre
La matita di un pittore
Distratto
Immortalo’ il sorriso
Di due giovani sposi
Notre Dame
Severa
Pareva una vecchia comare
Che ad ogni rintocco
sentenziava
La sventura
Di un’unione
Dal destino
Beffardo
Di quei giorni a Parigi
Oggi
Una sola vera
Opaca
In un cofanetto di velluto
Dal colore blu
Nasco a Torino il 12 novembre del 75.
Da poco morto Pasolini, un grande poeta…
e si sa che nella vita uno nasce e l’ altro muore.
Ma chiaro mi fu che non ero io la nuova Pasolini.
Infanzia e adolescenza problematiche con un sussegguirsi di lutti e abbandoni che hanno arricchito la mia anima donandomi un animo malinconico, ironico sarcastico e crudo.
Diplomata a pieni voti al liceo linguistico nonostante le mie gravi difficolta’ matematiche in quanto affetta di discalculia .
Dopo gli studi ho girato per l’Europa da sola e in questa esperienza ho dato sfogo alla mia arte interiore compresa da pochi.
Attualmente divorziata, ho 4 figli avuti da relazioni diverse .
Vivo a Torino con i miei figli .
Lavoro presso il Comune come assistente , segretaria contabile e traduttrice ad un poeta disabile.
Tu sei la mia casa
Il mio vestito buono
Dove torna la mia anima
Non più randagia
Tu sei la mia casa
Che custodisce il sole
Ed il silenzio
Nei giorni affannati
Tu sei la mia casa
Dove giro nudo
E nonostante questo
Son bellissimo uguale
Tu sei la mia casa
Che come una madre
A suo tempo sgrava
Consegnandomi al mondo
Ho i suoi lineamenti qui davanti
Labbra che dicono tutto
Scruto dall’angolo dell’occhio
Ma lontano dallo sguardo..
Lascio la mia scia preferita
Dove non c’è più certezza
Che la mente mia
Rallenta i battiti del mio cuore
Ricordando le sue trecce tra le mie dita…
Legame interrotto per forza di volontà
Ne senti l’assenza
Dove prima leggevo tra le righe
Falsetti d’autore…
Convinto lupo di mare
Sfoggio il mio sorriso
Intrepido
Spavaldo
A quella luce lontana
Che rappresenta la mia felicità
Il mio traguardo…
Cercando di non voltarmi mai più indietro
Respirando lentamente
E godendomi i frutti della stagione
È arrivato, era atteso.
Annunciato
in giorni increduli di sole
arroccati al suo calore
sbeffeggiato
e lo stesso assaporato
nel viso proteso
il bucato steso
braccia scoperte di ragazzi
ai tavolini sul marciapiedi.
È arrivato
zuppo di pioggia battente
nel collo raccolto dei cappotti
stretto con le mani sul petto
e il passo veloce delle gambe
sferzate dal vento.
Sceso da lassù dicono
indicando col dito
un lontanissimo nord
improbabile da capire
qui dove il cielo si apre
piú in fretta del freddo
che ora è arrivato.
ed ho accumulato un mare di ricordi
non se ne è andato nessuno
Chiusi e mai liberati.
Probabilmente accadrà
ma anche no
Fin che ho vita da vivere
voglio ancora altre me
Voglio ancora ruggire
come fa il mare in burrasca
come fa il vento sul volto
se la pioggia scende
Vivo di mutamenti
vivo d’incanti
nomade di qualsiasi terra e residenza,
e turbamenti che si acquieteranno
come cani randagi
appagati da un brandello
di carne.
Occhi pieni di cielo e vento
Chiusi in buie orbite tempestate di sogni scivolosi
Guardano freddi lunghe distanze e non piangono più
Le tue mani forti si muovono rapidamente
Fanno gesti immaginati e ripassati a memoria
Trovano pace e stringono il cuore nero pesto fino a soffocarlo
Nessuna parola più
Si affollano tutte in testa
Come formiche in fuga
Qualcuna riesce a scappare
Qualcuna resta sospesa
Qualcuna dice amore
Le grida mute e lontane non possono raggiungerti
Sono potenti,
disperate
ma si rincorrono attorcigliandosi invano
Dalla gabbia escono silenzio e nuvole
Pronte a disperdersi ed occupare spazio
Ora sei ovunque
Senza peso
Lontano dal dolore
Lasci mucchi sparsi di ricordi
La vita continua per chi resta
I nostri piedi per terra attratti dalla forza di gravità
alla quale tu hai dato un calcio
A Pascal
Foglie stanche
si staccano
dolenti
come braccia
da amplessi
sopiti.
Gemme nuove
attendono
immote
sensazioni
di nuovo vigore
come corpi
bramosi
di vita.
aprendo le crepe della nostra società fatta di materia.
Entra la luce, silenzio antico
che tutto scolpisce e rimanda
a quella memoria individuale e collettiva
di amore profondo,
mai dimenticato.
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