Appoggiata
alle nuvole,
la piena
meraviglia
visse
istanti.
Di luci
artificiali e neon
che fulminavano,
seppe farne a meno.
Giostrò una mano,
gli occhi seguirono
l’apnea di un sogno.
Mostrò la bocca,
bocca di razza
di riso
andato.
Preferì la dislessia
di un incanto,
chiuso nei palmi
delle mani.
Fredda luna
prima del tramonto
Limpida sera
dopo un gelido giorno
La campagna trema
spazzata dal vento
Aspetto la notte
per scaldarmi
Parole legnose
escono a fatica
si incastrano tra denti
e lingua
Faticoso tenerle dentro
doloroso tirarle fuori
C’è sempre il rischio
di ferite e lacerazioni
C’è sempre il rimpianto
di non aver messo una virgola
lì dove ci stava
Di averla messa
dove non andava
Significati stravolti
significanti dedotti
da lacrime e spasmi
di muscoli
da troppo tempo indifferenti
Questa la sorte dei “parlanti”
Annegare!
In mari di verbi
e Soggetti.
Gli amori taciuti
rinnegati
non amati
sono ombre
nella notte
invisibili
sono pianto
in un respiro
fin quando la luna
ne accoglie la ferita
la caduta
e aspetta il giorno
per dar luce
alla bellezza
silenziosa
del dolore
Possedersi, disegnando con gli sguardi gli intrecci dei nostri corpi,
spogliandosi di quelle spine di pregiudizi
che inibiscono istinto e passione.
Stordirsi anima, corpo e sensi.
Innaffiarsi di quei baci solo nostri.
Lasciarli scorrere su di noi come puro nutrimento.
Trattenere il respiro, in apnea,
immersi dentro un’alta marea vitale e lussuriosa.
Quelle gocce di passione che idratano le nostre anime
e le fanno rinascere ogni volta che si uniscono.
E quando gli sguardi si allontanano,
saperli catturare una volta ancora con maestria
e sorvolare quelle vie del piacere
che ci fanno riscoprire peccatori.
La noia non fa parte del mio essere
Ogni avvenimento è uno spettacolo da guardare ,sentire, annusare
Ogni dettaglio una nuova emozione che spesso fermo con uno scatto
Entro ed esco dai sogni
Respiro e ringrazio la vita ogni istante per avermi dato modo di esistere e di avere un corpo nel quale custodisco il mio spirito
Con il corpo uso tutti i sensi
Sono attratta dai colori
Mi vestirei di parole e musica
Ascolto la gente, mi piace viaggiare dentro storie di ogni genere
Talvolta sto in disparte ho bisogno di raccoglimento per curare il mio piccolo giardino interiore
Avverto ogni variazione di umore, sono in contatto simbiotico con il mondo che mi ospita
Talvolta credo di avere una pelle troppo sottile.
Capita che non te ne freghi un cavolo di com’è l’altro esternamente.
Che nasca in te, improvvisa, la capacita’ di guardare in lui direttamente…senza passare per l’esterno.
Potresti non conoscere le sue mani, il suo sguardo, la sua voce…ma il suo pensiero si, le sue ansie, i suoi ricordi, belli e brutti.
E ti bastano, non manca nulla in quell’assurda dimensione nata grazie a voi due.
Capita poi, che ci si incontri, con un timore infantile…
ma basta un attimo a riconoscersi… e tac… ogni paura svanisce.
I corpi trasformati in mezzi di trasporto verso l’anima.
La porta si chiuse e Chiara rimase seduta di fronte alla finestra aperta
guardando nel vuoto.
Il sole dipingeva sul suo viso mobili chiaroscuri provocati dall’ondeggiare della tenda e lei se ne stava lì, assorta, distratta da quei pensieri che le rotolavano nella testa.
Non lo avrebbe più visto, né avrebbe più potuto amarlo o guardare nei suoi occhi neri, nè toccare i suoi capelli troppo corti da pettinare o disegnare con le dita il profilo del suo corpo nudo.
Se ne era andato per sempre lasciandole poche parole: “magari un giorno”.
E invece erano stati troppi gli anni di lontananza.
Il tempo aveva scavato una voragine incolmabile che separava le loro vite.
Così, lei, sposata ad un altro uomo, era tornata ai suoi impegni di sempre e
lui aveva costruito per lei un muro, scegliendo di avere un figlio da un’altra.
Alle porte dell’inverno
sembra così distante
l’effluvio di primavera.
In cerca di cibo,
vecchio pettirosso
sprovveduto,
ti sei scordato
come faceva freddo
prima.
Ora,
rimangono le briciole,
sotto la neve,
da ritrovare
col becco
accorto.
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