Nei silenzi corro da te.
La strada e’ lontana.
Chiudo i profondi dolori
dentro i ricordi.
La pioggia cade leggera
e lava le epidermidi.
Sento odori lontani
di quando ero bambino.
Quando scorro le dita sul tuo pensiero,
prendo vita da te.
Ma mi fermo un istante,
nei tuoi sorrisi.
Istante eterno, nel mio ricordo.
Silenzio che urla,
assordando le menti.
Sono nato il 2 luglio del millenovecentosessantuno a Catania ma ho sempre vissuto a Torino, città grigia e industriale ma piena di fermento.
Ho studiato materie tecniche ma sognavo di essere un poeta bohemien.
Amo la poesia e la letteratura, Kafka ed Hesse i miei preferiti, Verlaine e Baudelaire i miei adorati. Non ho fatto niente di particolare nella mia vita.
Volevo andare a Londra a fare il bassista punk; ricordo che alle elementari ho disegnato un sole viola, ero già anticonformista.
Ho fatto il militare di leva a Beirut nei corpi speciali e immaginavo di scrivere la cronaca di quello che stavo vivendo, come Oriana Fallaci.
Provenivamo dal nulla, volti estranei e storie sconosciute ma dentro l’inconscio senza saperlo, da tempo desideravamo quell’unione unica ed esclusiva che solo in rari casi si può manifestare.
Come molecole, la forza di attrazione fu immensa, si formò un unico gruppo compatto e armonioso dove le singole estraneità divennero affetti condivisi.
Ma come sempre, la più bella alchimia si guasto’ da quell’ unica mela marcia capace di contagiare un meccanismo perfetto e tutto esplose.
L’incantesimo si era spezzato ma nacquero tante amicizie e ancora adesso la preziosità di quelle persone e’ il valore aggiunto alla mia vita.
Grazie Fb.
Tagliatemi a pezzi,
ché non ne ho più la forza.
Fate, di me, tanti pezzettini
e separate le parti buone
da quelle mie cattive.
Date le prime a chi non è incapace
di custodirle al buio, e assicuratevi
che ne facciano buon uso,
e le seconde illuminatele
tra le braci ardenti, affinché
smettano di esalare il loro
inverecondo fumo.
Se tra le prime ne avanzerà
qualcuna, perché tra le mie
genti infonde l’abnegazione,
fatene siero per chi ne ha miseria
o semi da portare alla fioritura.
Poi, con le seconde fatene
sacchettini, che servano
da monito a chi è innamorato.
“Ché sappiano gli stupidi
che non hanno scampo.”
Fate di me tanti pezzettini,
e non domandatevi cosa
dovete farne, già lo sapete,
scusate l’incombenza.
Ma lasciatemi il mio cuore
nel niente che rimane
di ciò che vi ho donato,
perchè qui lei è vissuta.
In un mondo di Marionette
Acrobati e Pagliacci
Dove ognuno e’
La maschera cadde
E lei tremava
Quando lui la guardava
Sara’ il freddo si disse..
Era la vita che chiamava
Con il sole dentro
Non resto’ quella che era
Rosso slavato di foglie,
che cadono sotto
le lacrime del tempo.
Piatte, pesanti, portate
dal tormento dell’acqua
che lava peccati non suoi.
Nudi come crocifissi, gli alberi.
Le foglie toccano la terra,
ruggini, coperte sudate
a proteggere nuova vita.
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