Dipinse un arco nel cielo
Con baleni di luce e colori
Legò gli estremi
con corde intrecciate di dolori e amori
Tese l’arco
Scoccò una freccia verso l’infinito
Troverà il suo sole.
Parliamoci. Guardiamoci negli occhi, smettiamola di fare finta e di cercare sempre un contraltare,
un avversario contro cui poter sfogare le nostre rabbie e malumori accumulati; su cui riversare quanto di noi, a noi stessi, non va bene, non ci piace.
Ben oltre quegli, spesso sdolcinati, “Mi piaccio, mi amo come sono”;
da soli, gia’ lo sappiamo e bene, che essere “un altro”, non conviene, che non sapremmo farlo.
A meno di perdere ogni ricordo ‘nostro’, memoria, sembianza, di cio’ che siamo e abbiamo dato o avuto. Ma che senso avrebbero poi, altre vite, se le precedenti non ci avessero potuto insegnare nulla, lasciare nulla, se non come fa un sogno o un film…; se delle altre non potessimo serbare ricordo o traccia?
Per noi sarebbe sempre la prima volta, la sola vita, da vivere come sappiamo e possiamo.
A volte un trascinarsi stanchi, altre, un volare liberi e sicuri, spesso, a sbattere a muso duro, contro pareti e muri.
E peggio ancora, sarebbe avere altre vite, ricordando questa, quello che eravamo e far confronti, associazioni, distinguo, ma, pero’, chissa’.
Sarebbe un rimpiangere quello che non e’, quello che era o che avrebbe potuto; sarebbe una croce in piu’ da portare, che frenerebbe passi e slanci, una zavorra che ci terrebbe “al palo”.
Se solo sapessimo accettare un po’ di piu’ gli altri e gli altri noi, spicchi di specchi in cui ci riflettiamo, con gli stessi errori, banalita’, pochezze; e con gli stessi aneliti, soffi, slanci, speranze, dolcezze. Eppure tutti chiusi nei nostri mondi piccoli o presi ad autoproclamarci incondizionati amanti della vita, della natura, dell’eguaglianza, della liberta’, sapendo autolimitarci, da soli, quella liberta’ che va a intersecarsi e spesso cozzare, con quella altrui.
E spesso ci crediamo per davvero, convinti e certi, , spesso lo vorremmo, spesso ci illudiamo, con una frase, con una ‘donazione’, con un appello, con una levata di scudi; e ci laviamo la coscienza e l’incartiamo come un “fioretto” nuovo.
Prima di tornare a coltivare, dietro a steccati, fossi, recinti, trappole per topi, il nostro piccolo orticello quotidiano.
…Io, tu, lui, voi, noi, tutti…
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