“La donna del quadro” sono io.
Ho male ancora, il mio corpo immobile sotto lo sguardo senza amore del “grande artista”.
Quel corpo che doveva rimanere così, privo di vita, si è ribellato. Perché non lo so.
La frustrazione, la rabbia di essere trattata come un oggetto o peggio ancora, come un pezzo di carne dal macellaio.
All’inizio ero lusingata, l’artista mi aveva scelta, sarei stata in eterno sotto gli occhi di tutti; ma il disincanto è arrivato presto: mai un saluto, una parola gentile, niente: ero solo un’immagine nel suo sogno, un supporto, un’idea creata dalla sua mente. Non esistevo veramente per lui.
Ore e ore a posare nel suo mondo, per finire come colore sulla tela.
I crampi, il freddo e la noia hanno avuto il sopravvento, ho cominciato a tremare. All’inizio qualche fremito, poi davanti alla rabbia dell’artista, sono iniziati gli spasmi: credevo di morire, mentre lui urlava: ” portatela via subito!”
Non sono più tornata, ma ancora ho male.
So che la tela ha riscosso un grande successo, uno stile nuovo, dicono.
L’ha intitolata “dolore di donna”.
Azzeccato, direi.
Nella prossima vita
Voglio essere una vetrina del centro
Per nutrirmi solamente
Degli sguardi sognanti
Dei bambini mentre scrutano i balocchi.
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