Sassarese analfabeta di ritorno del 1966. Erigo muri per saggiarne la solidità. Amo costruire presepi, tende degli indiani, sbucciarmi le ginocchia, fare il bagno sotto la pioggia.
Più volte ho perso le fiancate dalla lambretta, ma le ho sempre ritrovate appena in tempo per godere del respiro di chi amo. Convinto che “siamo da dove veniamo”.
Eccidio di vento
fogliame impazzito
negativi della memoria.
Scivola il tempo
dentro una lacrima.
Scivolo dentro
l’assenza di te.
Veli,
sale sulla pelle
e non si asciuga
mai,
borda la prora che
esce dall’onda
per un profondo
sospiro e breve,
dopo s’immerge
ancora,
per respirare
tra le braccia sue.
Sole sbiadito
nascosto avanti
al cielo, dietro un
alone e non mi vede.
Senti passare la mia
provenienza e brandeggi
le tue vele, per il bisogno
di un momento.
Mi hai preso tutto,
dove é tutto o niente.
Io ti ho investita nella
balìa delle correnti.
Sono tornato per
mano di un ciclone,
per spingerci al destino
insieme, ma fu’ tempesta.
Adesso, oltre la tua
barca, porto con me
la sagoma tua, invisibile
agli occhi di altri venti.
Ora che sento ancora
addosso le tue vele,
senza sfiorare chi
ne ha bisogno,
da qualche parte
andrò a morire.
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