La notte unisce
i profumi del giorno
Mielati in palmo
Intreccia gelsomini e tigli
oleandri con viole
ai bruni capelli con legacci salini
Cercandovi il sogno
irrisolto di ieri
Piano avanzo
Tempo di roba nuova da ordinare
e storpiature da evitare.
Di scarpe non ne bastano,
per proseguire altrove.
Tempo: che se manca lo vedi passare;
ad averne, invece, schiaccia e imbroglia.
Di pagine da imbiancare,
da tenere pronte per il ritorno.
Tempo, che il primo passo si lasci andare
e il fiato riprenda a guardare fuori.
Fermo, solo il tempo delle chiavi.
Ed è l’attimo esatto per ripensarci.
Caro Carlo,
sai, ho riletto il suo nome. L’ho riletto sul monumento ai caduti, nella piazza della sua città.
Gita “geriatrica” al mare. Il medico aveva insistito :” hai bisogno di sole, hai 70 anni. Vai un mese al mare”.
E la mutua cazzo, proprio lì doveva avere la convenzione.
La prima sera sono uscito.
La piazza principale, la stele: tutto troppo facile.
Sulla prima facciata del tetraedro lui non c’era; ho girato attorno al monumento. Non c’era. Impossibile.
Ho ripreso il giro, come pallina sulla roulette e sulla terza faccia l’ho visto: ” 1923- 1944 Fronte Russo” E gia’.
Faceva un freddo cane, quella notte. Immaginavamo che i bagliori fossero fuochi di un camino
ed il tenente in trincea diceva: “Forza ragazzi, sara’l’ultimo Natale in questo merdaio. Portiamo le palle a casa, che’ il prossimo saremo fra le gambe di qualche bella troia”.
Poi i comunisti iniziarono a far cantare una mitragliatrice, che non ci lasciava neanche alzare la testa. Ed avanzavano.
Minchia! Sentivo addirittura i loro: “Buistra!! Buistra!!!” (veloci, veloci!!!).
Avevano fretta di ammazzarci ed io avevo una paura fottuta dei Rossi.
A scuola, lo sai come ce li descrivevano.
Una pallottola lo colpì di striscio, lui cadde, svenne. Madonna! Eccoli. Ed il tenente: “Non arretriamo di un centimetro, viva l’Italia!!!”.
Dio, sento i loro passi…freddo, terrore, paralisi. Vidi che davano anche il colpo di grazia ai caduti;
sai quando non ragioni più? Sai, quando senti che ti pisci nei pantaloni? E sai che gela in un attimo, sul fronte russo?
Il compagno Ivan arrivò. Sputò, estrasse l’arma e sparò, alla nuca…
Com’è andata a finire lo sai. Forse dovrei scrivere al russo, non a te, per dirgli: “Ivan, lo sai che non vali un cazzo, tu e tutta la tua Armata Rossa? Eravamo due, Ivan. Io ero sotto. Non ti maledirò mai abbastanza, per non aver sparato anche la seconda pallottola”.
Mischiare i colori,
per dipingerne nuovi.
Mischiare le linee,
per cambiare prospetti.
Mischiare le parole
per cambiare i racconti.
Mischiare le note,
per cambiare le armonie.
Mischiare le stelle,
per farne una nuova.
Mischiare le religioni,
per fare il mio Dio.
Mischiare i ricordi,
per farli svanire.
Mischiare le vite,
per fare la mia.
Dimenticare: per rinascere.
Chi sei?
Sogno svanito,
colpa consumata
senza pentimento
e senza ragione.
Amaro gioco
di due anime perse,
in un giorno
di ottobre.
Con il sole
dietro le tende
chiuse,
per nascondere
squallidi baci
senza amore.
Chi sei?
Sconosciuto
bastardo,
che hai
sfiorato
la mia vita
come un soffio
di vento,
prima del temporale
e sei fuggito via.
Senza parlare,
senza baciare,
ne’ringraziare.
Chi sei?
Poco da vedere e tutto da rischiare…
Terra ostile, arida piana
che accoglie chi è in cerca del proprio Nirvana.
Sabbie di fuoco e rocce ossidate,
un sole immortale su spalle piegate.
Poco da vedere per chi non vuol cambiare…
Terra assetata e ombre fuggiasche,
durezza crescente riempie le tasche.
Dune increspate un maestro geniale
modella col soffio in paesaggio sensuale.
Molto da vedere e un vuoto da colmare…
Il vento soddisfa i propri appetiti
sputando granelli in viaggi infiniti.
Qui nasce la storia del grande abbandono.
Qui nasce il silenzio che diventa perdono.
Molto da vedere e un sogno da rischiare…
C’è ancora un posto
dove poter riporre
le mani tra i capelli
e gli occhi
in una distesa di suoni pacati.
Un respiro lungo,
un fiato libero.
Corpo a corpo
con un sole a riposo.
In un fine accordo
di sassi sfarinati.
Senza provare a parlare.
Senza coscienza.
Sogno di straripare
sul verde vivido dei prati,
come giallo abbacinante di ranuncolo.
Paziente aspetterei
che qualcun altro,
mosso dal mio stesso desiderio,
volesse diluirsi in un colore,
per tingere la terra a me vicino.
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