La cavigliera d’argento scintillava.
I piedi nudi e polverosi.
Come una novella Esmeralda, la gonna lunga e fiorita.
Era all’angolo di quella strada della citta’grigia e fumosa.
Vendeva misere cose: una rosa, un gingillo.
La gente non si fermava.
La zingara dagli occhi neri cantava a bassa voce, una malinconica nenia gitana.
Passo’ un ragazzo e le compro’una rosa.
Poi gliela dono’: “Per te”, le disse.
La gitana sollevo’ la gonna e danzando s’allontano’…
A piedi nudi nel parco.
Sono nata a Toano Re nel 1947 e vi abito.
Sposata da 50 anni, ho 3 figli e 2 nipoti.
Amo scrivere da sempre: poesie, racconti, favole. Scrivo su un mensile locale “Tuttomontagna”.
In paese sono conosciuta perche’, prima di avere il Computer (che ho da poco),
ho scritto a mano parecchi libricini di favole e le ho anche illustrate.
Ho frequentato la scuola solo fino alla terza media perche’ i miei genitori erano poveri
e non potevano permettersi di mandarmi in citta’, dove c’erano le scuole superiori; pero’ ho letto tanto e leggo ancora moltissimo.
Ho molti altri interessi, oltre la scrittura: dipingo, scatto foto, restauro mobili, ricamo e curo il giardino.
Sono curiosa ed entusiasta della vita, in tutte le sue sfaccettature.
Mi sveglio all’alba,
quando i rumori sono ovattati
e la luce è tiepida.
Ho piedi scalzi
e voglia di caffè.
Ho rumori nell’anima,
che conosco solo io,
afferro le matrici
del ventre,
per respirare piano.
Ingoio sigarette fumate
con finta energia,
più
per gusto,
che per esigenza.
Ho pensieri che traballano,
la lavatrice gira,
cerchi concentrici
sbattono contro il muro del suono.
Ho il pianto debole
e la voce bassa,
ho i passi nel cuore,
come orme lasciate.
E mi basta svegliarmi domani.
Cammino leggera
senza lasciare traccia,
a piedi nudi, nel parco
della mia esistenza.
Incontro:
la rosa dal profumo vellutato e il lombrico,
la tela geometrica del ragno e il nido del fringuello,
la resina appiccicosa e il cipresso flessuoso,
la lucertola, il muschio, la camomilla…
a tutti porto rispetto,
ognuno m’insegna la vita.
Ogni dardo un centro
ogni centro un amore
Scuri cavalli, damigelle,
ampi saloni,
cotte di maglia.
Distese di terra, torri, alfieri.
Grevi figuri.
Alti pensieri.
Ancora cavalli, ancora saloni
e poi…
Maghi, streghe, servitori
e buffoni.
Tutto e tutti,
prima di adesso.
Adesso.
La mano trema
e la mente vacilla.
C’era una volta un Re.
E’ notte e straripa il mare.
Si alzano altissime le onde.
In un vento vorticoso
biancheggia la spuma all’apice.
Sotto le luci dell’universo nero…
si dissolvono i limiti del tangibile
e ritorniamo istinto
in balia del Caso.
Nessun amore
nessun dolore.
Energia pura
a raggiunger le stelle.
E’ una notte di troppo
C’era una volta un re.
Aveva il potere
del tutto e del niente,
riempiva, ma era vuoto.
Tuonava come tuono
ed era guerra.
Quando imperava,
era pace.
Tutti i suoi sudditi, noi,
ce ne serviamo all’occorrenza,
per coprire le nostre infamie,
coraggio di chi coraggio non ha.
Re di falsa volontà,
di vera ignavia.
C’era una volta
e ancora c’è,
Il re silenzio.
Costruirò una casa al mare
e quando muoverà verso me,
madida di mille righe,
sarà palafitta del mio pensare.
Avrà una stanza
per le gioie feconde,
una parete di notti bianche,
una nicchia per mani di leggerezze,
un ripiano per sillabe di amori.
Al centro un cofanetto,
tutto ricoperto
di perle e di tremori.
Dentro braccia stanche,
qualche bottone di risolutezza.
Un braccialetto di denti avvelenati.
Feritoie sul soffitto
per gemiti di cielo
e gerle per raccogliere camelie,
sputate dal vento.
E sulla scogliera
un cinema all’aperto,
per quegli eroi
che vogliono guardarvi dentro.
Come stringere
la sabbia tra le mani,
per non dimenticarne
la bellezza…
E camminare
a piedi nudi su un prato
tagliato di fresco,
inebriati dal profumo
di mare e di anguria.
Come respirare forte
un cielo stellato
in una calda notte
di mezza estate
e ascoltare
il rumore del vento
tra le foglie dei limoneti,
il rombo dell’uragano,
il mare frangersi tra gli scogli.
Come una carezza sulla testa bambina,
gli sguardi, i volti,
una foto sbiadita,
il brivido di quei baci incancellabili
e sentire di essere ancora vivi.
Prima del mare:
con la musica della sera
e la mente dove il bianco nasconde.
Vaghe le parole:
fuori, oltre qualunque pensiero definito,
le dita non aspettano.
Prima del mare,
prima di liberare i capelli e alzare gli occhi,
prima di arrendersi.
Dell’afa di ieri e del mare di oggi
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