A Pascal Wauthy – La melodia dei 500
Questo spazio raccoglie i microscritti pubblicati nel gruppo Facebook Sintetizziamoci
in occasione del raggiungimento dei 500 membri.
Dedicato a Pascal
Chi parla con il cuore semina vita
Mi sento esplodere sotto la tua luce
Assorbo molecole in cui sei
Ti sento vibrare in parole a lungo attese e che
solleticano
inondano
risalgono avvolgendo il vuoto
Guardo incredula questo germogliare inarrestabile
Non voglio più fermarmi né guardare indietro
Lo faccio per me
Pensando a te
Sarà per noi
Vorrei poter scrivere parole leggere
Soffiare nel cielo
e fartele avere
Cantarle e ballarle per te
dentro il vento
in punta di piedi
col cuore lento
E note di stelle che intrecciano voli
E spuma di mare che dolce riecheggia
Poi voli incrociati intrisi di noi
E terre lontane da rendere nostre
Vorrei ma non serve
Tu sei
Tu sai
Tu tutto conosci
Tu angelo inquieto
Tu anima bella
Di luna ti vesti
E luce diffondi
Dall’alto mi doni sorrisi e respiri
E canti mai stanchi
che scaldano dentro
Tu sei
Tu sai
La pioggia accarezza melodie
Il lento scivolare
sui vetri
sfuma sui ricordi.
Le parole ed i silenzi
riempiono
l’anima.
Danza sottile
del male di vivere.
Abbraccia la malinconia,
quando diventerà
tua e leggera,
quando anche
l’ultima sigaretta
brucerà tra le dita
Sarai solo il
tempo che passa.
Sarai quell’onda
che freme
per toccare
sabbia.
Sarai la musica
che non esiste.
Sarai la mano che cerca
virginei fianchi.
Sarai consapevole
dell’inutile affanno.
Solo allora, avrai
l’ombra di un sorriso.
Per qualche anno della mia vita, Claudio Lolli è stato uno dei miei cantautori preferiti
“Un uomo in crisi”, il brano che più di tutti mi rappresentava.
Naturale, quindi, che l’ascoltassi continuamente. Un giorno, all’ennesimo riascolto, cominciai ad avvertire una sensazione di prurito che,a cominciare dalle gambe,si propagava su tutto il corpo.
In breve tempo mi ritrovai a grattarmi dappertutto.
Il mio corpo mi inviava segnali inequivocabili: ècchecazz.. e mo basta!… Me le stai trifolando!
Come dargli torto?Passai ai Deep Purple.
Non potevo , non volevo mancare.
Certo, non con cinquecento parole,
ma con un’ unica e semplice immagine.
Una delle mie, che ora diventa sua.
Ciao Pascal
Passi nella notte
Stanchi, affaticati.
Dolorosi suoni in cerca di armonia,
continua, solitaria, infinita ricerca.
Impronte che lasciano l’incertezza del dubbio,
il vuoto della mente;
sempre più lievi, disincantate, indecifrabili.
Il suono non si ode più, si immagina.
Ali cercano una strada, agli occhi dei più
sconosciuta, lamenti sordi di chi vede solo i passi
e non conosce il volo.
Un sogno scompare e un altro pare.
Chiudo gli occhi, li stringo forte,
desidero solo che la morte non sia fine, ma oltre.
Ormai sei lontano
Come il sole
Sei già tramontato
ma torni a risplendere
ogni giorno scaldandoci,
calore dell’anima,
presente vicino
perenne musica
canto poesia
Melodia per un amico
La corsa verso un futuro si è fermata.
Un vento gelido è arrivato inaspettato
e tutto prematuramente ha spazzato.
Una notte buia senza sorriso
ha racchiuso per sempre il tuo viso.
L’alba del nuovo giorno è silenziosa
ma, in essa una perla preziosa.
Il ricordo non è cancellato
e rimarrà per sempre suggellato,
uno scritto, un testo un racconto
lo terremo gelosamente da conto
Guardo lontano con molto rimpianto
ma non serve, sei solo qui accanto.
Io viaggio
Colleziono brani
Note cristalline
Li tengo in serbo per una notte d’estate
Nuda di carne raggiungero ‘ il mare
Acque dell ‘ eterno
Liquido di placenta , fluido di mani
Lascerò cuore sfrastagliato , xanax su sabbia bagnata
Camminero ‘ sulle acque dell ‘ infinito sapere
Passo leggero nell ‘ alba dei tempi
Lenon canterà ancora la mia ” Woman ”
Fatica per la completezza
Melodia d’una ricerca
Mare femmina mi partorira ‘ nell ‘ alto blu
Miracolo di vita che non solo respira.
Giorgio sapeva solo dipingere
Poco prima di morire decise, per la prima volta, di dedicarsi un quadro. Non un autoritratto, bensì forme e colori che gli appartenevano.
Giorgio non terminò il quadro, ci lasciò prima.
Se ne andò sorridendo perché, dipingendosi, riuscì a rendere sopportabile il pensiero di quelle insopportabili persone che l’avrebbero dipinto come non era.
Se ne andò sereno perché, dipingendosi, riuscì fino alla fine a respirarsi.
Giorgio, mio padre, sapeva solo dipingere.
Ma lo faceva bene.
Eri nel vento
Come melodia
eri nel tempo
come una farfalla
eri nel cuore
con la tua dolcezza
e sopra le mie labbra.
Se sei un fiore
ti voglio immaginare
rosso d’amore
anche senza colore
come il mio geranio
che non profuma
perché ricordi
soltanto dentro
li puoi annusare.
Neve
Come neve che cade
silenzioso spazio riempie la tua presenza
Esserci è per sempre
Breve è il passaggio
Mutazioni sghembe
che’ non ti ritrovi
a essere due anime in un corpo
Sarai lieve nel sole del primo mattino
quando tiepido riscalda la terra
Fiero come filo d’erba aggrappato alla zolla e
Intorno la danza delle ginestre
Sarai nelle parole
tinte dei tuoi pensieri
intenzioni augurali di meraviglie
Vestirai da guerriero
da amante
da amico
figlio di un dio
che ti ha tradito.
Noi cinquecento come fiori di pesco,
Pascal il nostro ramo, nelle sue mani culla i nostri sogni,
continuano i sorrisi e le sue delicate carezze.
Da che parte è la follia
Lula è felice, malgrado la morte del figlio. Matteo è tornato nel suo grembo, a godere del suo calore e lei lo sente, senza nausee nè timori. Gli parla, gli mostra violette fresche, foglie autunnali, neve. Ascolta musica e balla.
Vorrebbe condividere la sua scoperta, ma gli altri la prendono per matta: il dolore abbrutisce ed essi cercano cure, non sorrisi. I vicini si lamentano. Lei gli sorride.
Lula vive così. Senza piangere morti, con ricordi vivi e sorriso.
Sa che vivendo d’amore non si muore mai.
Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza
Vorrei vivere con leggerezza. Ma ci tengo a precisare: leggerezza, non superficialità.
Come una nuvola che, anche se ha il temporale dentro, si fa sollevare dal vento.
Come l’aria, che s’infiltra in ogni fessura, e però non si fa mica soffocare.
Come un delfino, che nuota nelle profondità del mare,
ma poi riaffiora, riaffiora sempre, per respirare;
come un delfino, che salta nei tramonti
senza lasciarsi mai accecare.
Si può, viaggiare senza inutili valigie…?
Ché magari parti così, pensando che avrai bisogno di tutto, e poi invece, lungo la strada,
ti rendi conto che
non ti manca proprio niente.
Patrizia Bonaguidi
Non ti ho conosciuto…
Strana la vita
Piccoli flash
Poi una luce che si spegne
Una stella che si allontana
Ma la percepisci
Sempre e comunque.
Mi piace pensare
Che puoi intrufolarti
Nei nostri sogni
E giocare a nascondino
Mi piace credere
Che dove sei
Non esiste menzogna
Come vorrei…
Ma ci ritroveremo
In un mondo diverso
Un giorno… Chissa’
Andra’ tutto bene.
Ciao Pascal
Credo di essere una collezionista di storie
Nelle 500 stanze private del mio cuore, ci stanno le immagine e le storie di chi ci è passato e di ancora sta esposto a queste pareti fragili e sensibili.
Un tacito privato fatto di silenzi perché le parole non servono, già si conoscono le sfumature delle sofferenze o delle gioie condivise.
Una collezione dei ricordi stratificati dove, gli altri, suonano e ballano al ritmo della mia vita.
È facile dire voglio vivere
Ancora più semplice pensare di voler morire. Senza dirlo, solo pensarlo, per pudore. Bene. Sì, sto bene. Rispondere a tutti i come stai di ogni giorno. E sorridere al panettiere, alla giornalaia, alla mamma. Sorridere persino al telefono, quando anche l’amico di sempre ti dice si, tutti bene.
E poi, in solitudine, chinare il capo sotto il peso della vita, convivendo con il mal di stomaco e quei perché divoranti e senza risposta. E guardare il tramonto e l’alba con la stessa indifferenza con la quale lo specchio ti guarda. E sentire i tuoi passi pesanti, la fatica di aprire le palpebre al mattino, la stanchezza di mille e mille vite vissute e consumate nel nonsenso del divenire cosa vecchia e morta. E dire basta alla lama affilata del pensiero che non smette mai. Che non può smettere.
Ciao amico sconosciuto. Che la pace abbracci il tuo tormento e il cammino ti sia lieve. Dai un bacio per me a tutti coloro che come te sono scintilla di luce.
Una dei 500.
A Pascal. Ma non 500.
Di te so poco, di me sai niente
Di me so poco. Di te sai tutto.
Cinquecento son troppi
sono per le cose intime.
quello sguardo rapito,
quella gocciolina sul parabrezza che scivola e sembra fermarsi.
quel pensiero tradito,quel discorso mai fatto.
quell’italiano sbagliato tra sintassi e grammatica,ma le emozioni sono di tutti.
non sono per le percentuali ma per le percezioni,non dimentico un volto neppure un emozione.
seguo quello che mi va’,scusate le ripetizioni e il vago senso di nullita’.
metto le virgole dove mi va’,ma continuo a scrivere nonostante quella melodia che mi ronza in testa.
Dopo aver fatto l’amore, dopo aver amato, dopo aver litigato, dopo aver sofferto di gelosia, l’unica melodia che preferisco, che amo e che mi accompagnerà sempre, sarà quella degli usignoli quando camminerò da solo nel bosco. Gli usignoli canteranno e mi lasceranno in pace, da solo, con i miei pensieri e con l’unico vero amore che ho: quello per me stesso.
E sarò finalmente felice.
La melodia dei delle cinquecento…
… ragazzi in piazza che non devono lottare per il loro futuro.
… omosessuali che si possono sposare.
… emigrati che si sentono uguali cittadini.
… bambini africani che innocentemente giocano.
… donne che non subiscono stupri.
Alcune melodie non le sentiremo mai, ma forse qualcun altro si.
Nonostante il diluvio
Nonostante il fisico provato.
Nonostante il veleno che
ancora mi scorre nelle vene.
Finalmente ricomincio a vivere.
E lo faccio con te al mio fianco.
Te che hai saputo aspettarmi.
Te che sei stato sempre presente.
Te che hai saputo essere luce nel buio.
Te che mi hai tenuta nel cuore.
Te che mi leccavi le ferite.
Ora è il nostro momento.
Anelato, atteso, sperato e
finalmente giunto.
I nostri cuori sincronizzati
ora potranno suonare la nostra melodia.
Erano anni medi
Si vivevano incubi in bianco e nero
Vite che valevano nulla
E come animali
Non sentivi più nemmeno le braccia.
Conosci i prediletti
Coloro che han menti sottili
Mentre nel calar del sole
Nascosto da pestilenze, guerre ed ingiustizie
Fissi il buio
Tracciando con le dita i sogni.
Il gruppo ti ha protetto
Potevi gridare
Ma non è riuscito a salvarti
Fu la speranza
E quel vetro dove impressionasti le tue dita
Che diventò la tua gabbia
Il tuo volto
Il tuo cuore
Il tuo destino
Che esplose in pace eterna.
Altro che melodia, ragazzina bella!
Vieni qui che nonna ti racconta
di quando era giovane lei.
C’era la guerra e tanta miseria.
Quando suonava la sirena
eravamo tutti terrorizzati e
scendevamo giù nei sotterranei
e pregavamo che i bombardamenti
finissero. Poi la vita ricominciava
normalmente e si campava
con poco, una vita di stenti.
Ma eravamo solidali,
sempre pronti a sorridere
e a tenderci la mano
Voci nella testa
Di notte rompono il silenzio. Sono pazza? Forse. Dio che occhiaie, che occhi spiritati! Non posso continuare così, devo fare qualcosa. Training autogeno? Proviamo. Inizio una respirazione profonda, svuotando i pensieri. Le urla incalzano. Mi preparo un bagno caldo: accendo delle candele e uso le palline profumate. Tanta bollicine, profumi e aromi mi avvolgono, mi sento una diva. Passo allo shampoo, metto la testa sott’acqua: che silenzio, che pace, come si sta bene qui sotto.
Lo spartito è rimasto vuoto, a musica tutta in testa.
C’è una finestra aperta sulla primavera, entrano note e sole; uno tutto in una volta,le altre una per volta. Sulle mani bianche e l’anima nera, scivola la vita come una chimera. C’è un tempo d’amore musica e parole che porta al momento di dover andare. È solo un’eco che resta nella stanza, incalza il ritmo della tua mancanza. Si ferma il mondo,fermando il tempo, le tue ali stanche han fermato anche il vento. Sospeso resti,tra l’anima e il cuore,al centro esatto tra un sorriso e il dolore.
Ninna nanna per chi si desta
ha un sogno in tasca e grilli per la testa
E rincorre palloncini senza filo,
raccoglie stelle che brillan al mattino
Ninna nanna senza e con dolore
di chi rattoppa pezze per il volo di un aquilone
piange, ridendo. Che folle la vita!
Poi ride, nel pianto. Che insana magia!
Ninna nanna per chi non c’è, eppur è ancora
che lascia tracce sulla sabbia dove il vento vi dimora
E vi si addormentano i fiori anche se è primavera
Ninna nanna per chi scrive una favola e poi? S’avvera!
Ninna nanna di questa vita e quella oltre
di chi lotta o soccombe alla sorte
Ninna nanna del coraggio o di chi s’ arrende
Del vincitore che abbraccia il vinto
e nessuno si sorprende
Ninna nanna, Fanciullo, lasciati cullare
le parole si fanno onda, il cielo è mare.
Un’ eco di parole mi colpisce il cuore
un sussurro sempre più alto si trasforma in un chiacchiericcio
poi in un vociare e in ultimo in un coro che canta scomposto
un maestro d’orchestra rimette tutto a posto
prove su prove e il coro prende la stessa strada
una linea retta con degli acuti e dei bassi
una melodia che si alza dalla terra per raggiungere il cielo
un colore bruno che si fa turchino per ricade in gocce terrene
un filo diretto tra terra e cielo unisce l’incognita che la vita ci concede.
Un giorno d’estate
Vuoi tutti i figli a casa, intorno a te.
Non manca nessuno.
Sono mesi che non stai bene tu,
il gigante buono che
a un brutto infarto,
ha fottuto dieci anni di vita.
-“Che faccio? Ditemelo voi dove ricoverarmi”.
Ci guardiamo in faccia,non ridiamo più.
Stavolta non scherzi.
Azz però,
non puoi farmi tanta paura.
Non puoi averne.
Non sono pronta.
Decidiamo tranquillamente il posto più sbagliato,
dove,un mese dopo,
andrai a morire.
Esiste un destino.
E sensi di colpa,
a mai finire.
Dora Bottaro
È nelle giornate di pioggia, quando la luce dura poco e la città si tinge di grigio
Quando le mani sono fredde, e se non stai attenta ti si raffredda pure il cuore.
E’ allora che provo a consolarmi raccontandomi delle storie.
Mi racconto di quando il cielo si tinge di rosa e dalla montagna arriva il profumo delle ginestre.
Delle nuvole che si rincorrono scivolando nel cielo e del mare che ruggendo sbrana la riva.
Del vento che soffiando tra gli alberi ne fa danzare le foglie e dell’erba che luccica dopo la pioggia.
E’ allora che sento scalpitare tutto quello che ho dentro:
la primavera che ho nell’anima.
Nasce silenziosa nella notte
Cresce solitaria come stella alpina
E’ tenera come un bacio segreto
E dolce come un cuore di cane
Ti sussurra nelle notti ventose
Carezzandoti piano i capelli
Quando la udrai la riconoscerai
Tra milioni di altre saprai
Che questa è per te
Per le tue mani fredde
Per i tuoi pensieri stanchi
Per la tua anima inquieta
Per la tua speranza fioca
Sorridi allora e canta
A mezza voce
Ad occhi chiusi
Puoi sentirlo
La tua voce
E’ con la mia
La tua voce
E’ la mia
E in questo abbraccio
Dormi
Ti culla la notte
Ti cullerò anch’ io,
nel frattempo anche
la Luna, sorpresa ti guarderà
ed il viso t illuminerà.
Forte l’ amore che ti scalderà
col suo tepore,
sogna, senza nessun timore;
le mani mie, tengono le tue,
strette strette sempre al petto,
cuor gentile a darti affetto.
Ti guideranno nei tuoi sogni,
Ti guideranno nelle gioie,
cancelleranno le fobie.
Anche le stelle, segneranno
le vie più belle.
Queste mani, saranno qui
giorno e notte a sentir
il tuo cuor che batte forte.
Senza tanti progetti,
basteranno i tuoi occhi a
crear “fatti”.
Sarai puro amore,
in tutto il tuo splendore…
Erano i passi silenziosi e sicuri che attendeva con pazienza di sentire a rendere quei giorni immensi e veri. Quel lievescricchiolio di pietre e sabbia a decretar cammino. Mentre osservava il mare e sperava dal profondo dell’ anima chegiungesse presto quell’ inconfondibile procedere…
Quei passi davano all’ anima respiro, erano la sua melodia.
Un sognatore in viaggio
Joshua si nascose dietro il lampione. Serrò gli occhi al nulla, per non farsi scovare. Ma la notte era dappertutto.
Quel lampione gli donava luce, di speranza.
Si chiarì: “Attraversarla”.
La ricerca di un sogno, sullo sfondo. Lui costruttore di stelle in viaggio.
Si disse: “Coraggio!”. Piano regolatore di un infinito.
S’incamminò sul da farsi, seguito dalla sua ombra tremula.
Con nel cuore l’insicurezza di chi non sa perché è partito, si lasciò andare
Qui non è il paradiso. O si?
E li?
La melodia dei 500
Si riconosceva subito l’angelo
in mezzo ai preoccupati mortali
Quella sua bella faccia assoluta
il tenue sorriso di chi non è veramente a propio agio
un prigioniero contornato da gendarmi
L’angelo sembra voler nascondere
la naturale attitudine al comando
e non mi sono stupita
dalla prima presa degli occhi
felice di non essermi sbagliata
L’Angelo è proprio un angelo
tormentato dalle ingombranti ali
Je suis Diversa
Scrivo e riscrivo
Fogli su fogli, pieni di appunti.
Una penna come amica fedele,
per non dimenticare.
Parole, pensieri, poesie, racconti:
tutto quello che mi può stimolare.
Poi mi accorgo che ho scritto molte cose,
ma ho dimenticato tutto
ciò che è accaduto ieri!
Ho provato a salvare i miei pensieri, a tenerli con me,
ma tutto è andato perduto, cancellato, bruciato!
Io, da sempre impavida guerriera, a questo punto,
mi arrendo!
Non voglio più scrivere appunti, né stimolare…
vorrei solo non dimenticare.
Caducità
Oggi mi fermo
e guardo tutt’intorno
Così!
Come bolla in acqua fumante
la vita appare
Accenno nell’eterno
acuto dall’interno
di un torace, che respira
e poi muore
Lo stesso avviene al ferro
e al mare, al grigio
ed al colore
Uguale, poi, la sorte
di tutti quei contrasti
che vigon sotto il Sole
dibattono tra gli astri
Dell’odio e dell’amore
Della guerra e della pace
Di ciò che pienamente
si anima e poi tace
Beato colui che vive
sapendo che la morte
non è altro che la vita
che penetra la notte.
Sono qui per te
Con passo felpato ti avvicini.
Sono qui per te.
Possiedimi.
Circondami di brillante mistero.
Imponimi la tua presenza.
Non voglio sottrarmi.
Concedimi una sola possibilità di scelta.
Coccolami o maltrattami.
Non hai mezze misure.
Il tuo silenzio.
Una melodia notturna.
Costringimi a mettermi a nudo.
A fare i conti con me stessa.
Confesso retroscena proibiti.
Li gusto, mordendoli.
Assaggio le mie labbra color del sangue.
E’ troppo anche per una come me.
Devo fermarmi.
Ma so che domani ti ritroverò.
Qui.
Come sempre.
A loro
Melodia l’ho conosciuto qualche anno fa in circostanze improbabili. Capelli ricci, occhi azzurri e un cappotto nero lungo: la sola cosa bella in un contesto improponibile, davvero. E parliamo ancora di coincidenze, sputtanate senza un minimo di censura in un volume alto e bianco, gelido come tutto il resto; ognuno con la sua logica in 150 mq e lui ci giocava anche a carte ed era felice. Sigarette, oh quante! E Giovanni, lui l’ho fregato: sono stata io la più furba, e le chiavi le ho tenute per me.
La ballade de Pascal
Cen’est pas une poésie
encore moinsune mélodie.
Ce ne sont que paroles.
qui volent, s’envolent
en une étrange, folle farandole.
Tendrementellessusurrent
surtoutes nos blessures
car c’est la douleur
qui cohabiteavec la peur
Quand on se sent de nulle part ou d’ailleurs.
Cesont des mots écrits
pour apaisernosesprits.
Car un beau matin
Il nous a laissé orphelins
sans aucun len demains.
Non ce n’est pas une mélodie
ancore moins une poésie.
Non ho una melodia
Chiusa in me stessa, voglio crescere, forse è possibile, non ne sono sicura. Mi chiamo Marta e cerco di capire perché mio padre, il mio tutto, mi picchia. Forse ha paura che io cresca debole, la vita per lui è dura e me lo vuole insegnare. Ma mi fa male, troppo, io sono piccola, lui è grande. Io cerco di non farlo arrabbiare di più, non voglio che pensi che io abbia una sensibilità, un cervello, una speranza, perché lui queste cose le teme. Ma piango sola, guardandolo bere, mentre mi promette confuso stropicciandosi le mani: “non lo faro’ più”.
Pascal
Eri uno di noi,non ti ho mai conosciuto,ma la stima che molti di noi avevano per te la dice lunga. Non ho letto i tuoi scritti, ma solo una tua composizione che ho subito condiviso. Ora hai deciso di lasciarci tra le nostre scartoffie intrise dei nostri pensieri,mentre i tuoi continuano a parlarci di te e delle tue emozioni. Eri uno dei 500, ora sei uno dei miliardi…. Dove sei, io che credo so che non esiste scritto, pensiero, parola, ma esiste la Vita! Siamo noi i veri assenti, fagocitati dalle passioni, dallo sconforto, dalle tristezze, dal dolore, dalle delusioni, dalle malattie,dai sogni, dalle miserie umane. Tu vivi, sì. Vivi anche per noi!
Una storia
Da qualche tempo ho conosciuto “Soly”. E’ invadente, intrattabile e violenta. Ho tentato tante volte di mandarla via, ma lei resiste! Staziona dietro la porta e appena entro in casa “zac”, con abile mossa, mi scaraventa sul divano! Anche stasera rivedrò “quel qualcosa di rosso”: il colore del vestito di lei, nella gigantografia che la ritrae sorridente, qualche tempo prima che se ne andasse. Soly è arrivata dopo, un po’ alla volta, adesso abita qui. Il suo vero nome è: solitudine!
È che proprio io questa melodia non la volevo davvero scrivere
e non so davvero se sia giusto farlo.
Mi evoca troppi ricordi, troppo dolore.
Ma Per Pascal e per tutti coloro
che hanno deciso che questa vita non era più fatta per loro,
decido di scrivere e lanciare il mio messaggio.
La vita è una sola,
non sappiamo cosa ci riserva
ma qualsiasi cosa sia,
viviamola sempre ,
non gettiamo la spugna.
Aggrappiamoci al sorriso
di chi ce lo regala.
A Pascal, ad Ale e
a tutti coloro che hanno scritto
The End…
Da bambino chiesi se le farfalle avessero un nido, mi risposero: «No! Le farfalle volano libere e fanno all’amore sui fiori». Poi vidi una farfalla impigliata in una ragnatela, delicatamente la liberai, un ragno nero e uno rosso stavano a guardare. Libera, lei volò intorno alla mia testa, poi si posò sulla mia mano, un fremito d’ali e spiccò il volo verso il sole, si perse nella sua luce. Cosa c’è di più triste che vedere una farfalla morta? Cosa c’è di più triste che vedere morire la libertà?
Era soltanto mia la notte
Delle stelle mancanti,
che lasciavo
ferme a casa
a guardarmi le spalle.
Era soltanto mia
la notte
delle inaffabulabili
stelle al nero di seppia,
ché una vita
troppo colorata
m’abbagliava.
Era soltanto mia
la notte
dei sorrisi senza denti,
ché la lingua
non aveva parole
da articolare.
Ed è stata solo mia
la notte
in cui voltai le spalle,
libero,
come avevo vissuto,
ché non c’erano
ali abbastanza grandi
per volare,
né braccia troppo corte
per restare.
La mia melodia è legata al cielo o meglio alla contemplazione
delle stelle nello sfumar del giorno, quando la volta celeste
si illumina di miliardi di sfere luminose che mi fanno comprendere
la bellezza del Creato, di cui io sono un’ umile particella.
E, con lo stupore di una bimba , cerco di abbracciare con lo
sguardo quella visione magica e suggestiva e , come d’ incanto,
vedo la Notte Stellata del mio Vincent e mi emoziono , perché
quell’immensità mi dona serenità e nello stesso tempo energia,
voglia di vivere e di sognare.
Rossella Lubrano
… E così dimenticammo le rose. (Dino Campana)
Sono rimaste le spine, i petali volati via da tempo;
quei gambi secchi che ancora tieni in mano fanno sanguinare quando chiudi il pugno.
Buttarli oltre la siepe, dovresti!
… ma di quelle punture non puoi fare a meno, per non dimenticare i petali, il profumo, il colore delle rose.
Agli amici va dicendo che ci saranno presto altri fiori per inebriarti con un nuovo profumo.
Lui, che così leggero parla,
le tue rose, lui le ha dimenticate.
La mia melodia
Nasce nel silenzio
Quello che assordante
non vuoi ascoltare
Veglia sui sogni
Colora gli incubi
La mia melodia
Non ha tempo
Non ha spazio
Non conosce la vita
Non conosce la morte
È lì
Eternamente lei
Suoni indistinti
dentro l’anima mia
riportano
ad echi lontani
di risa gioiose.
Lenta sale la marea
su vuoti opachi
di malinconia,
cadono stelle
verso il centro
del mondo.
Un grido sale
ma resto muta
dentro una lacrima
che non va piu’ via.
Noi eravamo lì
su quelle rive
dove s’incontra
l’amore e il dolore,
noi eravamo li
sorgente misteriosa
per regalare al mare
un ultimo bacio
un ultimo sguardo
il nostro addio.
Fu paladino di guerre tra amore e tradimenti diede con la sua spada luminosa grande forza al suo essere
Caparbio e testardo scintilla il suo scudo
di drago con luce divina difende
Le sottili infamie resiste travolge
L”essenza del male non ripudia il suo essere sanguinario mantello lui si avvolge tra spine ruvietti ma Orlando Furioso muore d’amore
Io no, vivrò per il mio nuovo amore.
Paolo Alessi
Bianco andare che porta accordi verso infinite lontananze
Ogni passo segna un cammino, intrecciato ad altri cammini;
ogni nota un profumo, di vento e di libertà.
Una miscellanea di parole formose
urta lente opacità
e anche quando i colori
sembrano accendersi all’orizzonte
smorza
solenni commozioni.
E resto come ditata nel sempre
come un quasi
come un’orma di pre-gesta
un punto viandante
fra tanti falsi punti fermi.
E la terra mi soffre.
E il cielo mi soffre.
Ha il rombo di un carro armato a cimbali
questa melodia
amniotica ed espulsiva
mi scuote e mi rilascia
mi biasima e m’approva.
Sola
Mi sospendo scendo e risalgo
Non smetto
E accetto l’autostop.