“Una notte, una voce, un Negrosky” Andrea Improta
La strada era quella, malandata e trascurata, quella di sempre.
Anche la notte era quella di sempre. Ma la luce del bar no, non aveva il solito squallido bagliore. Caracollai per farmi più vicino e sbirciai finchè scorsi la nuca di quell’uomo. Senza sapere chi fosse, ma quella voce arrivava fin qua.
“Ehi tu, che stai dietro al banco con quel sorrisetto stronzo sopra la tua bella camicia amidata… fammi un Negrosky. Ma fallo forte… forte… più forte della tristezza di questi giorni.
Più forte di questo mondo che mi chiede e mi giudica mentre io vorrei tanto sentirlo più capace di capirmi ed amarmi. Più forte del male che sento per la meschinità di chi credevo amico e mi ha tradito per la gola di un pelo.
Più forte del dolore di chi soffre per malattie che non merita.
Più forte di quelle maschere che si credono migliori di me e mi guardano di colpo indifferenti senza sapere niente di me.
Levati quel sorriso di cazzo e aggiungi ancora vodka.
Guardati intorno, non lo vedi quanta solitudine c’è? Non lo vedi quanto sarebbe meglio smettere di giudicarci, quanto avrebbe più senso rispettarci ed abbracciarci accettando i nostri limiti per farci del bene? Ognuno ha la sua storia e la sua vita, chi sei tu per criticare? Mettiti le loro scarpe prima di parlare.
Dammi retta, annaffia tutti qua dentro con la tua vodka… versane anche per te ed aggiungine ancora anche nel mio bicchiere. Fai passare in fretta questa notte, perché adesso voglio tornare a svegliarmi e sorridere anche io”.
La voce si placò. Scorsi quell’uomo ancora. Senza sapere chi fosse, mi ritrovai senza più voce…avevo urlato troppo.
Caracollando, venni via.