Sintobiografia e sintoscritti di Ida De Giorgio
Ho 35 anni ricorrenti, nel senso che compio sempre quelli da molto tempo. Sono un Informatore Scientifico del Farmaco, al momento nel limbo: mi pagano per stare a casa. Occupo il mio tempo libero dedicandomi a cose che mi piacciono, e la scrittura è una di queste. Vivo a Brindisi, sul mare e sono una casuale, ma felice single.
Bellezza sempre appare
Sapendola cercare
La trovi quatta quatta
Persino in una blatta
Mondo
Sono come la terra,
Tonda.
Ruoto immersa
In un lago di stelle.
Un nucleo rovente di gioia
Mi espande.
La mia sigaretta
Un ultimo sospiro, poi Aldo si volta e si addormenta, dandomi le spalle.
Molte donne considerano questo appagamento soporifero come egoismo: io so che è solo un complesso meccanismo biochimico a rendere gli uomini così cedevoli al sonno, e a lasciare in noi questa specie di languore, di incompletezza.
Mi allungo verso il comodino, prendo una sigaretta, l’accendo.
Poggio il posacenere nell’incavo del ventre e mi volto a guardare la schiena di Aldo.
È come leggere un diario.
So quando ha lasciato il canestro per il cerchietto di oro e l’onda guizzante del bicipite,
si è acquietata diventando laguna, lasciando spazio ai nomi dei nostri figli.
La striscia bianca lungo la scapola è la cicatrice che lo convinse ad abbandonare la moto
per una locomozione più responsabile e quel segno rosso sul fianco, la vittoria del chirurgo sulle grinfie della malattia.
So quando la linea della vita ha cominciato ad ammorbidirsi e quando i capelli hanno issato la bandiera bianca della resa; conosco la grana della sua pelle e lo scorrere delle vertebre sotto la carezza delle dita.
Il ritmo del suo respiro ed i sobbalzi che interrompono l’armonia del sonno.
Conosco quasi tutto di lui.
Ciò che non so è quando l’amore ha cominciato a svanire, lasciandomi da sola
a sprofondare nel pozzo buio della malinconia.
Pari opportunità
Un rapporto perfettamente bilanciato. Dalla prima cena. Abbiamo scelto le stesse cose e diviso il conto a metà. Così è tutta la nostra vita. Impiegati nello stesso ufficio, stesso stipendio, stesse gratifiche. Facciamo la spesa insieme e compriamo esattamente le stesse cose per entrambi. I nostri gusti alimentari sono coincidenti. Certo, ognuno ha i suoi hobby, ma bilanciamo anche quelli. La partita e la pizza con gli amici per lui, l’aperitivo ed il cinema per me. Venti euro precisi a testa. Parrucchiere per me e barbiere per lui, la manicure la facciamo insieme. E se io compro un rossetto o un ombretto, lui sceglie per se una crema dopobarba per lo stesso importo. Abbiamo deciso di non avere figli, troppo complicato quantificare la perfetta divisione dell’affetto verso un altro essere umano; e neanche vogliamo cani o gatti. Nemmeno un pesce rosso. Tutto perfetto. Poi ho trovato quella ricevuta, in fondo alla tasca di un pantalone. Toccava a me fare il bucato, quel venerdì. Una cena per due. Ma non con me. Ho controllato il conto corrente comune. Era lì. Esattamente quella cifra spesa al di fuori della nostra consuetudine. Una fitta al petto, come una stilettata. No, non è stata gelosia. Volevo solo ripristinare l’equità della nostra perfetta condivisione. Per questo l’ho pugnalato al cuore, signor Giudice, doveva provare esattamente ciò che avevo provato io.
Libera interpretazione del tema “Sola” (meglio che male accompagnata…).