Sintobiografia e sintoscritti di Renata Olivetto

olivettoRenata nasce a Padova il 15 gennaio 1957. Maturità scientifica. Trascorre i primi vent’anni a Galzignano Terme, sui colli Euganei. Si sposa nel 1977 e si trasferisce a Melendugno (LE). Due figli e una deliziosa nipotina. Titolare di una azienda agricola a conduzione famigliare ex consigliere comunale ai servizi sociali, oggi casalinga e catechista. Impegnata da sempre nel sociale, si dedica con affetto ad anziani e bambini. Da autodidatta inizia a dipingere quelli che titola “Scarabocchi dell’anima”. Essendo ogni attimo utile per cogliere ogni piccola emozione che il quotidiano vivere offre, non manca di immortalare in scatti estemporanei le immagini che più la emozionano. Naturale per lei l’incontro con la poesia tutta. Pubblicazioni dell’autrice: “Raccolte haiku”,  “Sulla luna è nato un Bonsai 2013”,  “Voli di Versi 2014”,  “Trilogia di haiku 2015”, “Sboccia il deserto”,  “Scarabocchio ogni sasso”, “Cercando Asia”, “Raccolta di Poesie 2015”, “Gocce di cuore”.

 

 

 

 

 

 

 

Non ti cerco domani
tra vento e sabbia
sola m’abbandono
alla nuova onda

 

 

 

 

 

 

 

Il mondo che vorrei

Renata Olivetto

 

 

Una collina tondeggiante
dove il verde è assai brillante
tanti fiori profumati
da annusare ed essere amati

rotolo a valle tutto il di
poi risalgo sempre li
anche al buio in allegria
poi di corsa a casa mia

li c’è mamma che mi aspetta
che profumi e che cenetta
salto in braccio a papà
schiocca un bacio e voilà

non c’è tv né cellulare
il computer non può entrare
la casa piena di bambini
cuginetti e vicini

ogni giorno grandi feste
le farfalle sempre deste
canti e balli fino a sera
dall’estate a primavera

niente politici ne’ comandanti
solo bimbi sempre avanti
loro decidono che fare
quali leggi adottare

nessun diritto né dovere
solo amore e paci vere
tante dita colorate
senza giorni e senza date

ho voluto un po’ sognare
e ai bambini raccontare
che non sempre per le cose belle
ci si arrampica sulle stelle

a volte un po’ di fantasia
il mondo arriva in mano mia
giro e rigiro dei sogni la sfera
fino a godere di una giornata vera.

 

 

 

 

 

 

Ti ero madre

Nel grembo nuotavi
ti parlavo del sole
non sentivo il tuo cuore
sapevo che c eri
continuavo a parlarti
a raccontarti di me
del passato non facile
del presente con te
nascesti d’inverno
e c’era la neve
bianco e soffice manto
il tuo roseo visino
il tuo corpo sul mio
la tua bocca al mio seno
quegli occhi curiosi
i primi sorrisi
cantava il mio cuore
le prime parole
incerti i tuoi passi
ma ti incoraggiavo
scrutavo il tuo volto
leggevo i tuoi occhi
anche i silenzi
raccontavano tutto
un ritmo stonato
diventava perfetto
un amico piangeva
un fratello per te
poi il tuo volo
il mio cuore cambiava
una strana rivolta
nel mio grembo ormai vuoto
non solo mio figlio
non solo tua madre
cambiano i ruoli
mi sento una figlia
io figlia tremante
tu padre presente
e questo mi dona
un nuovo domani.
 

 

 

 

 

 

 

Silvia Emme

Silvia Emme

 

 

Breve

Come seta stasera
mi sfiora la luce
sulla ruvida pelle
si posa appena
poi il cerchio si chiude
si sposta più in là

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ritorno

Torbide nuvole
si susseguono
nella via del ritorno
le cicale lasciano
il canto al grillo
a fatica i passanti
reggono il ritmo
dal canto dell’alba
al silenzio della sera
al buio della notte
solo tu fermo
davanti allo specchio rotto
appeso da sempre
a quell’albero nell’orto
la luna riflessa
in quella scheggia di vetro
sepolta
tra foglie danzanti
ti guardo da un po’
tremano i tuoi occhi
cerchi in quella luce riflessa
la tua vita perduta
luce spenta
in una manciata
di voglie
poi il nulla
sento i tuoi occhi chiudersi
mentre intoni una nenia
inventata quel giorno
nella casa nel bosco
poi ti abbracci sorridi
quel salto e via
libero di sfiorare
nuovo orizzonti
libero da sogni proibiti
solo tu ora
tu senza specchi infranti
tu e il tuo ritrovarti
ancora una volta
libellula in volo.

 

 

 

 

 

 

 

 

C’è la luna stasera

C’è la luna stasera
tra il campanile e la mia vita
si sposta non torna
mi resta vicina
s’accende si spegne
ma non m’abbandona

c’è la luna stasera
tra lo scoglio e l’onda
danza si scioglie
poi torna a parlare
di granchi e meduse
di amori lontani

c’è la luna stasera
tra i colli e la piana
s’abbassa si alza
poi fa l’occhiolino
ad un ramo di pesco
e al nuovo ciliegio

la stessa luna stasera
in quella piazza deserta
illumina un corpo
stremato dal caldo
l’idrata lo sazia
ne ascolta le pene

 

 

 

 

 

 

 

 

La volpe nel pollaio
Dal web

Dal web

 

Dalla sera alla mattina
quatta quatta la volpina
se ne va nel bel pollaio
della figlia del notaio
pronta e attenta la donnina
prende la scopa giù in cantina
con la destra e la sinistra
una botta le somministra
la volpina scappa via
ma che male mamma mia
la signora poverina
sbadigliando va a nannina
quante volpi anche stanotte
nel suo sogno prende a botte
schiaffeggiando il maritino
che riposa li vicino.

 

Primo classificato alla  gara “Sinthohumor”

 

 

 

 

 

 

 

 

C’eri tu

C’eri tu
in quella pellicola di pelle
sempre piu sottile
in quei movimenti
ora intensi ora piu lenti

sei arrivato
brezza di primavera
cuore del suo cuore
carne della sua carne
tu a illuminare

quante volte
ascoltavo il tuo silenzio
tra le paure di tua madre
dubbi speranze
respiri e apnee

quante volte
tra riposi forzati
la forza di volerti
si faceva pane
giorno dopo giorno

nove mesi
a raccontarvi
poi i suoi silenzi…
solo una madre
li può ascoltare

ora sgambetti piccolo uomo
nel sorriso d’una principessa
tra i seni della tua regina
ogni giorno piu forte
ogni giorno piu bello.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel che rimane
Pinterest

Pinterest

 

Tutto passa
restano i sapori
di arancine
carrube
e granite di gelso
colori di girandole
rivolte ad oriente
profumi di bocci
di rose vissute
l’eco lontano delle risate
restano amicizie
marchiate nel cuore
nate un po’ per caso
o forse per un disegno
che non so spiegare
sull’albero un melograno
matura i propri grani
ai piedi di una città
caduta nella pozzanghera
per curiosarci dentro
resta un cane ad attendermi
una chiesa per pregare
foglie secche
a ricordar l’autunno
radici da innaffiare
il respiro del passato
nei colori del barocco
la leggenda d’un grande ficus
l’emozione della grotta sul monte
tante foto in cui entrare.

 

 

 

 

 

 

 

 

La mia primavera

Il profumo di primavera
esaltava i miei pensieri
correndo tra papaveri
e non ti scordar di me

il grano gonfiava
come grembo di madre
pronta a nutrire
il nuovo seme

in quel campo fiorito
camminavo scalza
seguendo con lo sguardo
il cinguettio d’un nido

il primo volo
ed io correvo
capelli al vento
verso la giovinezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

ACRILICO SU TELA di Renata Olivetto

ACRILICO SU TELA di Renata Olivetto

La tela del ragno

Era un’ alba caldissima. Una formichina già lavorava per portare al sicuro le provviste per l’inverno. Quasi vicino al suo formicaio appeso ad un filo di seta un grosso ragno nero dondolava da una foglia all’altra disegnando divertentissime traiettorie. Lei lo guardava stupita e con un po’ d’invidia. – Io lavoro sempre, mentre lui si diverte – pensava.
Il ragno furbacchione, con dolcezza la chiamò.
Ciao bellissima formichina,fermati a giocare un po’ con me; lavori sempre, ma sei ancora piccola, dovresti giocare, non lavorare -.
La formichina rispose, – Non posso, devo portare questa briciola di pane nella dispensa – Poi, stanca e invogliata da quelle lusinghe, decise di fermarsi solo un momento per riposarsi.
Va bene… fammi salire – gli disse – ma solo per un attimo
Certo – rispose il ragno, già con l’acquolina in bocca.
Le avvicinò il filo di seta luminosa, la formichina lasciò la briciola e afferrò quel filo prezioso; in men che non si dica il ragno imprigionò la povera sventurata nella sua tela e stanco delle sue grida se la divorò.

Morale : Bisogna fare molta attenzione alle troppe lusinghe , dietro potrebbe esserci una trappola.

Favola prima classificata alla Sintogara “Favoleggiando”

 

 

 

 

 

 

 

 

Simona Oberhammer

Simona Oberhammer

 

Prigioniera

Quel nodo alla gola
aggroviglia i miei sogni
compagno di attimi persi
tra l’alba e il tramonto
l’ultimo graffio
il più doloroso
resta sempre il penultimo
manca la forza
troppi occhi spalancati
tra quelle sudice lenzuola
che odorano di tradimenti
e di lacrime ingoiate
dalle persiane socchiuse
odore di insulti
e mi ritrovo prigioniera
di quell’ultimo graffio.