Sintobiografia e sintoscritti di Ragazza alla Finestra

ragaNata a Salerno nel giugno del 1979.
A Salerno vive, nel cuore storico della città coi suoi e con la nonna.
Lavora e quando non lo fa, scrive o tenta di farlo,
divora libri tra tazze di te` e caffè e coccola il nipotino.
Non sa scrivere biografia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maternity blues
(del non amore – alle madri che a cui vita non ha insegnato ad amare)

la colpa
è un dolore
che non è dato cantare

 

 

 

 

 

A Pascal

Ninna nanna per chi si desta
ha un sogno in tasca e grilli per la testa
E rincorre palloncini senza filo,
raccoglie stelle che brillan al mattino
Ninna nanna senza e con dolore
di chi rattoppa pezze per il volo di un aquilone
piange, ridendo. Che folle la vita!
Poi ride, nel pianto. Che insana magia!
Ninna nanna per chi non c’è, eppur è ancora
che lascia tracce sulla sabbia dove il vento vi dimora
E vi si addormentano i fiori anche se è primavera
Ninna nanna per chi scrive una favola e poi? S’avvera!
Ninna nanna di questa vita e quella oltre
di chi lotta o soccombe alla sorte
Ninna nanna del coraggio o di chi s’ arrende
Del vincitore che abbraccia il vinto
e nessuno si sorprende
Ninna nanna, Fanciullo, lasciati cullare
le parole si fanno onda, il cielo è mare.

 

 

 

 

 

Il lato invisibile del mondo

Steve Marshall

Steve Marshall

 

C’era una volta il Re! Grida il folle per le strade.
Fa una giravolta, incoronando con una sciarpa un barbone.
Lui sorride.
Un bambino si inchina.
Et Voilà: – C’era una volta una regina, incalza ancora il folle.
Nella folla, qualcuno inorridisce e va.
Qualcun’altro si ferma, ascolta.
Fa un salto, un altro, porgendo una rosa ad una prostituta.
Lei si commuove, sbavando il trucco e si porta una mano sul petto, per pudore.
Un ragazzino passa e le dice “Sei bella, Signora.
C’era una volta. Sapete?
E c’è ancora la bellezza,
nel lato invisibile del mondo.

 

 

 

 

 

 

E.Murolo

E.Murolo

Napoli

Pulcinella fece un inchino, mi sorrise poi allungò la mano.         – Chiur l’uocch, Mari’. Sient e nun temè  – .
Strinsi la sua mano e mi lasciai guidare.
A Napoli, nelle strade strette di vicoli e scale ferite, sembrava già notte, sembrava la morte.
Ma dalle finestre qualcuno cantava, qualcun’altro bestemmiava, poi taceva e pregava.
E il cibo. Si, il cibo. Dalla strada potevi annusare il ragù che faceva festa anche se non era domenica.
La frittura che entrava nei capelli e quasi li ungeva, ti benediceva.
Poi le donne. Anche le donne. Sedute fuori i portoni, erano pregne di fumo e borotalco.
Una si alzava, con la sua scia di profumo e di vino e saliva al piano terra senza numero, senza balconi e aspettava.
Un fiore, una banconota, un amore.
Agli angoli dei marciapiedi, bottiglie sparse di birra e cuoppi di carta oleata. Come una tavola apparecchiata di tutto e di niente.
 Sient Marì –  Diceva.
E mi girava la testa in quel vortice di vita odorosa.
E ti stordiva e stancava i sensi.
Accade così quando ti innamori “a pelle” di una città.

 

 

 

 

 

 

Apnea

Non è mare e non annega.
È una pozzanghera di cielo.

Vive senza respirare.
Sopravvive.
Sospesa senza cadere,
senza volare.

Non c’è dolore,
non c’è la ferita che si apre,
per la meraviglia del mondo.
Solo bolle.
Senza vento.

Dorme, la fanciulla,
dorme e si lascia cullare.
L’onda la inabissa.
L’onda non la lascia riaffiorare.

Sara’ il peso
dei suoi giorni
dei suoi non sogni…

Poi un bacio…
ed e’ respiro.

Prima della morte.

 

 

 

 

Mi lasciai il sole alle spalle – VIAggIO –

Portai con me tra i passi, sassi.
Il laccio di una scarpa da sciogliere e cadere.
Misi in tasca il nodo di un ricordo.
La moneta non spesa.
La resa.
Lo scontrino di quel bar.
Il caffè in due.
Colsi tutti i petali che mi dissero no.
Soffiai sulla rabbia, sulla sabbia e chiusi gli occhi.
Andai con solo un’onda dentro. Il mare era per te come quella canzone.
Aspettai che eco suonasse quel nome, ricordi? Tacque per pudore, perché faceva male ancora.
E corsi con quel mio incedere buffo.
E tu che sorridevi.
Solo il sole alle spalle.

 

 

 

 

 

P.Tesoriere

P.Tesoriere

Mondi inventati

Ho comprato palloncini e aquiloni
per vederli volare
e matite colorate e libri da odorare.
Ho raccolto sassi per far sorridere un fiore
e cavalcato un onda per soffiar sulle stelle.
Ci credo – ho urlato.
Ed un bambino ha rincorso un pallone con scarpe cucite di niente.
Ci credo – mi ha fatto eco.
Ed un videogioco è esploso in mille coriandoli.
Non è domenica. È martedì.
Ma una donna si veste a festa con stracci e veli di sposa.
Ci credo – canta.
E fa l’amore con la vita.
E mostra i seni senza pudore.
È festa.
Ed io rido.
Mi diverto a inventar mondi con le parole.

 

 

 

 

 

 

 

La luna a mezzogiorno

Gli amori taciuti
rinnegati
non amati
sono ombre
nella notte
invisibili
sono pianto
in un respiro
fin quando la luna
ne accoglie la ferita
la caduta
e aspetta il giorno
per dar luce
alla bellezza
silenziosa
del dolore

 

 

 

 

 

Unirono i sessi ma l’anima scalciava

Il mio nome è Mattia. Faccio il pescatore. Come mio padre ed il padre di mio padre. Le mie mani sanno sentire il mare e questa terra che amo e che odio perché è così che accade. Me l’ha insegnato mia madre coi suoi fianchi e seni generosi e la voce leggera come il vento quando non fa male. Sono state le parole di mia madre a salvarmi e le sue dita piccole tra i miei capelli. Mattia – diceva – anche coi piedi nella terra e le mani di mare puoi imparare a volare. Mio padre invece è un uomo silenzioso come i pesci che cattura nelle reti cucite da donne coi capelli raccolti dentro veli di pizzo nero Ha gli occhi piccoli come ferite senza sentire il dolore della vita. Senza sentire il mio pianto. Ma l’anima scalciava … Il mio nome è Nunzia. Mi piace. Mi piace chiamarmi. Tra la “u’ e la “enne” allungo le labbra e bacio il primo odore portato dal mare. Il mare può incatenare come la terra che ti genera. Ecco perché bacio gli odori che si dissolvono e non ti stringono Cucio reti coi capelli raccolti in un fazzoletto bianco. Come una sposa. La sera, indosso un vestito leggero e mi trucco con cura. Trucco questi occhi piccoli come ferite. Come mio padre. L’odio e la rabbia che si sono trasformati in Amore. Madre, anche coi piedi radicati in questa terra ho imparato a volare. E l’Anima non scalcia più.