Sintobiografia e sintoscritti di Eliana Stendardo

stendardoSono nata a Napoli nel 1968 e ho sempre vissuto in questa turbolenta città, densa di contrasti. Sono sposata e mio figlio Fabrizio è il dono più bello che abbia mai ricevuto. La scrittura per me è comunicazione, prima di tutto con me stessa e poi, con gli altri. Impugno la penna con la mano sinistra e il mio “mondo” prende forma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

” Come novella Forrest Gump
corro, corro, corro…
Tutto alle mie spalle è polvere:
rinasco in un nuovo respiro
tiepido di primavera… “

 

 

 

 

 

 

 

 

A Pascal

E’ facile dire voglio vivere. Ancora più semplice pensare di voler morire. Senza dirlo, solo pensarlo, per pudore. Bene. Si, sto bene. Rispondere a tutti i come stai di ogni giorno. E sorridere al panettiere, alla giornalaia, alla mamma. Sorridere persino al telefono, quando anche l’amico di sempre ti dice si, tutti bene.
E poi, in solitudine, chinare il capo sotto il peso della vita, convivendo con il mal di stomaco e quei perché divoranti e senza risposta. E guardare il tramonto e l’alba con la stessa indifferenza con la quale lo specchio ti guarda. E sentire i tuoi passi pesanti, la fatica di aprire le palpebre al mattino, la stanchezza di mille e mille vite vissute e consumate nel nonsenso del divenire cosa vecchia e morta. E dire basta alla lama affilata del pensiero che non smette mai. Che non può smettere.
Ciao amico sconosciuto. Che la pace abbracci il tuo tormento e il cammino ti sia lieve. Dai un bacio per me a tutti coloro che come te sono scintilla di luce.
Una dei 500.

 

 

 

 

 

 

woman

D. Kanigan )

Un istante, una vita

Chiudi la porta,
non andare via
vieni qui,
a respirare la mia penombra
ancora per un po’.
Perchè la vita è
in questo battito di Anime.
Torna da me,
non uscire,
perchè la vita è
un istante in più.

 

 

 

 

 

 

 

Mare buio

Nenia lenta,
note di ghiaia e risacca dolcemano di sale
sotto la luna d’argento

Silenzio di mare
e bagliori di stelle infinite

L’immenso nero di onde
senza orizzonte
divora lo sguardo
e penetra l’anima.

Per sempre.

 

 

 

 

 

 

Havana night

Silhouette of man playing saxophone

Thinkstock

 

 

Accordi di rosso,
nero, oro,
sbiadiscono
nel controluce di fumo e polvere.
Occhi incollati
su una musica jazz che brucia la gola.
Bourbon, legno nero
e cubani ardono nelle vene.
Spirali di note assolute
di un sax struggente
in un crescendo disperato
travolgono il pensiero.
… e la notte, calda complice,
non fa più paura.

 

 

 

 

 

 

Ombre

Era lunga e snella, l’ombra che si proiettava alla luce dei lampioni notturni.Lei camminava a passo svelto, non le importava di essere stanca, esausta.
Camminando, in ogni passo imprimeva un pensiero.
Nell’ombra della sera, la sua ombra sgusciava da una nuova prospettiva man mano che avanzava.
C’erano anche altre ombre la’, che si agitavano e le danzavano intorno. Erano esse, a tenerle compagnia; sempre lì, nelle notti insonni.
Ombre scure i suoi timori, i suoi dolori che martellavano le tempie, contraevano lo stomaco.
Pian piano, le ombre si impadronirono di tutte le sue ore: anche di giorno erano lì, presenti e potenti, più forti di lei, che pure le affrontava con tutte le sue forze.
Le combatteva senza sfidarle, ma loro non andavano via.
Ogni tanto, lanciava uno sguardo al sole, quel globo luminoso e giallo che faceva capolino tra le nuvole. Era grazie ad esso, che quel panorama poteva essere tanto bello.
Ma era inverno, e c’erano troppe nuvole. Tanto grigio, poco giallo.
E le ombre, eccole ancora.
Vinta una, ne arrivava un’altra. Più grande, più invincibile.
Dopo tanti giorni, e tante ombre, ella si arrese: diede le spalle al sole e guardò la sua ombra.
Era grande, enorme. Nera.
Smise di combattere: l’ombra aveva vinto.
Il dolore inevitabile e tangibile esplose in un fragore muto.
Tutto era buio: l’ombra, invincibile e silenziosa, la possedeva dentro e fuori.
Lei sperava che dopo la resa, dopo la sconfitta, alla fine, sarebbe uscito il sole.
Ma era inverno, c’erano troppe nuvole.
Le ombre, ostinate e inarrestabili, continuavano ad arrivare.

 

 

 

 

 

 

 

An act of balance

Patty Meer

 Intrecci emotivi

Come stringere
la sabbia tra le mani,
per non dimenticarne
la bellezza…
E camminare
a piedi nudi su un prato
tagliato di fresco,
inebriati dal profumo
di mare e di anguria.
Come respirare forte
un cielo stellato
in una calda notte
di mezza estate
e ascoltare
il rumore del vento
tra le foglie dei limoneti,
il rombo dell’uragano,
il mare frangersi tra gli scogli.
Come una carezza sulla testa bambina,
gli sguardi, i volti,
una foto sbiadita,
il brivido di quei baci incancellabili
e sentire di essere ancora vivi.

 

 

 

 

 

Facciamo finta che…

C. Javal

C. Javal

 

 

Facciamo finta che la vita è bella
Come una risata
O un mattino di sole senza sangue
E senza morte.
Facciamo finta che
Una risata cristallina
Brilli nei tuoi occhi
E il sorriso delle labbra
Si muti in un bacio profondo
Che raggiunga il cuore
E che i cuori si uniscano
In un sol battito
Forte, assordante.
Facciamo finta che
abbiamo guardato
Il cielo stellato insieme,
Abbiamo cercato il grande carro e poi il piccolo
E raccontandoci di noi
Abbiamo cercato Dio, che però ci malediceva.
Facciamo finta che quella notte abbiamo
Dormito insieme, senza lasciarci la mano
Neanche un istante
Con la luna piena attraverso il balcone
A illuminare il nostro amore
E i brividi sulla pelle sudata.
Facciamo finta che ci siamo amati davvero
Nel tepore di un’estate di tanti anni fa,
E tra i boati di un vulcano inquieto,
Sotto l’infinito,
I nostri baci che sembravano veri.

 

 

 

 

 

 

Cadono le foglie

Cadono le foglie come ali di angeli vecchi, bruciacchiate come pane al forno, profumano di pioggia e terra bagnata.
Cadono lentamente, in un volo insensato che dura un pò; quel volo senza scopo segue il filo ribelle dei pensieri che si intrecciano a ricordi prepotenti bruciati di nostalgia. Foglie brunite che incantano con una danza inattesa ma sono morte. Cadono come soldati al fronte, come vite spezzate troppo presto o logorate dal cammino.
Cadono in questa stagione incerta come la vita e ricordano il senso dei primi grigiori del capo, dei solchi sul viso, dell’inverno incipiente che tutto ferma in un solo ciak in bianco e nero. Sono morte e cadono, prive di anima e vita, danza d’inerzia, di ineluttabile gravità.
E noi a guardare, e senza capire, a calpestare quello che vogliono dire.

 

 

 

 

 

 

Sporco affare la vita

Esistono stanchezze
Che si vestono di memoria
Che riconosci perché
Ti spezzano il cammino
E il ricordo ti racconta
Un futuro già vissuto
Eppure il prossimo passo
Sarà nel vuoto
Nel buio
Nel precipizio che ha il fondo
Tappezzato di rovi e di spine
Perché non hai imparato a volare, baby?
L’hai già vissuta questa storia, lo sai come finirà!
Le mie ali sono sfiancate dallo sforzo vano
Ed è vero, conosco la fine ma non il come
Non so come i passi condurranno a quel non lieto fine
Già scritto.
Scritto in un libro che incombe.
Non voglio sapere
come arriveremo al non lieto fine.
Non voglio camminare
per poi precipitare tra i rovi
Non voglio più essere scritta
in un libro che non voglio leggere.

 

 

 

 

 

 

 

Non toccarmi sfiorami

Come la sabbia va alla spiaggia
l’airone chiede cielo per volare
Come la sete si placa d’acqua
il lupo si fa foresta
Come luna diventa sole
il fuoco mangia l’aria
Come la notte vince il giorno…

Così esistiamo.
Senza l’altro non viviamo.
Viviamo, e solo ci sfioriamo.

 

 

 

 

 

 

Cenerentola 2016

Cenerentola ha gli occhi verdi e lunghi capelli biondi che ricadono a boccoli sulle spalle dalla pelle ambrata.
Cenerentola lava il pavimento e fa le pulizie in casa scalza e con la testa tra le nuvole, perché a lei piace sognare. Non ha molto altro Cenerentola, solo i sogni.
Un bel giorno andrà al ballo, e sarà bellissima, la più bella del reame. Perderà anche la sua scarpina di cristallo e un principe, alla fine del ballo, la troverà e salverà Cenerentola dalla cattiveria di matrigna e sorellastre. Perché questo vuole la fiaba.
Nel 2016 Cenerentola ha bellissimi occhi verdi e lunghi capelli biondi a boccoli; come nella fiaba, fa le pulizie in casa scalza e sogna un principe azzurro che la salvi. Ma Cenerentola, nel 2016, ha sei anni e vive in una prigione fatta di omertà e connivenza, ignoranza e miseria.
Cenerentola ha un bel vestitino rosa con i volant e i brillantini. Il suo orgoglio però sono le scarpine nuove, che le fanno un po’ male. Sono dure, forse proprio perché le tiene da conto e le indossa solo nelle occasioni importanti, quando vuole fare bella figura.
Cenerentola va al ballo. Il suo cavaliere la accoglie tra le braccia e la accompagna nella danza. Con le sue scarpine nuove Cenerentola vola, vola…
Cenerentola ha sei anni e il vento per cavaliere nel primo walzer della sua piccola vita. E’ buono e dolce il vento, la aiuta a danzare e le carezza dolcemente il viso e i capelli. Pietoso, le asciuga le lacrime mentre precipita nel vuoto.
La danza termina e i boccoli biondi si spargono in terra. Il principe non è riuscito a salvarla, non è arrivato in tempo per proteggerla.
Nel 2016 il principe non indossa il mantello azzurro, ma una toga nera da magistrato e si rigira invano tra le mani una scarpina rosa, piccolina piccolina.

Nel 2016 Cenerentola vola via con il vento.

 

 

 

 

 

 

Al buio

Tinypic.com

Tinypic.com

 

 

L’incanto di un sogno fatto di pelle
festa di luna impazzita di stelle,
brividi stolti e baci nell’ombra,
parole vuote tra capelli ingrigiti
da neve di fiaba e giostre di miti
Vita in un sogno di panna e sorrisi
una visione di paradisi
fragole dolci e volti sereni
il cuore intriso di desideri
Impronte di passi vissuti
e impressi per sempre
in un solco cicatriziale
che cambia il tempo
ma ancora fa male
e sembra dirti:
ti ricordi di me?
Così torna il brivido sulla tua pelle
lacrime strette negli occhi gemelle
braccia raccolte a placare il gelo
di un cuore che muore al mero ricordo
di luci, di giostre, di feste nascoste
nel sogno cieco più bello del mondo
Scorre l’immagine di sorrisi nel sole:
campi di grano senza fine e dolore
ti ammalia dolce un abbraccio d’amore.