“La serenata” Gaetano Cubisino Di Geronimo
Nel silenzio della sera, già smorzati i rumori e il vociare dei vicini, tutte le porte e i balconi chiusi, si udì una musica; prima lontana, poi sempre più vicina, fino a quando il gruppo dei musicanti si fermò sotto il balcone di Donna Maria.
Giannina, la più piccola delle sorelle, urlo´: “Na´serenata!! Concettina, è per te?”.
Concettina, temendo che la madre la fermasse, corse, aprì subito il balcone e si affacciò:
nel mezzo della strada, illuminata da un lampione a gas, stava un Giovane che, vedendo apparire Concettina, si tolse la coppola e accennò un inchino.
“Sdisunurata, trasi e chiudi u balcuni” (Disonorata entra e chiudi il balcone), gridó Donna Maria, mentre afferrava Concettina per il vestito e la tirava dentro casa.
Nel chiudere il balcone battè con forza le ante, come per significare un rifiuto.
La musica durò per alcuni minuti, poi si affievolì, con l’allontanarsi dei musicanti.
Don Tano si alzò, fece per mettersi la giacca e uscire, ma: “Tu fermo! Dove vai? Assettati e mutu! Queste sono cose le aggiusto io!” sentenzio´Donna Maria.
“Cu je? Unni u canuscisti? Dove lo hai visto? Unni ci parrasti?” gridò alla figlia. “Disonorata, zivittula, e di che ridi ?”
Concettina e Giannina, sedute a un angolo della cucina, rosse in faccia, sorridevano. “Tutte e due castigate, senza mangiare e a letto” seguitò Donna Maria col suo monologo.
Don Tano cercò di dire qualcosa ma venne zittito: “Tu non dire niente, domani vado da Don Alfio il senzale, lui aggiusterà tutto”.