“Donna del sud” Massimo Palladini
Giocavamo tra le case di quel paese sul mare, bianche di calce, di un bagliore che solo l’ombra dei vicoli alleviava; correvamo per le strade di ghiaia e sui lastricati di pietra bianca, cavata tra i pascoli lì intorno, coperti, durante la transumanza, dal mare bianco delle pecore abruzzesi; la luce si moltiplicava e rimbalzava su quelle pareti fino agli sfondi, azzurri di mare tanto chiari da confondersi col bianco.
Ti rifugiasti ansante, tremante ma altera, in quel terrazzo a picco sulla marina, dove i bianchi panni stesi garrivano come bandiere.
Quando, impazienti, ci strappammo i vestiti leggeri, mi abbagliasti con il bianco dei tuoi seni e del tuo ventre, impronta dell’inverno trascorso, pronti a farsi baciare dal sole e da me.
Ci rotolammo nelle grandi cesta delle lenzuola giocando e ad un tratto seri, amandoci perdutamente.
Nella luce meridiana soltanto i gabbiani bianchi ci videro fonderci in un unico organismo.
La decisa macchia rossa, nel concerto di quei bianchi corredi ricamati per le spose, fu la traccia del tuo coraggio e la sfida del nostro amore.