“Come una leggera sbronza, guidando in una strada di campagna” Massimo Palladini
Al volante dell’automobile la vidi, d’un tratto, nei monti lontani ancora bianchi di neve: era la sua scollatura generosa che scendeva, bianca, dal collo slanciato per offrire gli omeri ed il solco tra i seni, forse un canalone nel quale il disgelo era già cominciato; poi notai quelle colline, quasi delle montagnole simmetriche, su cui due case coloniche, con la loro corte di alberi isolati ed i comignoli, evocavano i suoi capezzoli, irti sulle mammelle floride e fiere; la trama delle stradine, sinusoidali per la salita, bordate di cipressi, disegnava sul versante la linea dei suoi fianchi; e, sul piano più ravvicinato, due campi verdi d’erba, ravvivati dalle ultime piogge, intrecciavano le loro textures come due cosce; m’incantai davanti alla macchia triangolare che si era formata intorno alla piccola forra centrale ed al laghetto artificiale, per l’irrigazione.
Un delta vegetale che suggeriva passeggiate, esplorazioni e soste deliziose.
Dovetti fermare l’auto e stropicciarmi gli occhi; ma lei era ancora lì, la mia donna paesaggio.