Sintobiografia e sintoscritti di Enrico Migliavacca
Il mio cognome ha origine piemontese. Le mie ascendenze sono sparse in tutta Italia e, andando più a ritroso, in Spagna e Francia. Io, però, sono cagliaritano da tre generazioni e vivo in simbiosi con la mia città, che adoro.
Ho 46 anni all’anagrafe, ma nella mia testa sono ancora fermo ai 16.
Scrivo (e leggo) per necessità: è un bisogno irresistibile che mi garantisce la conservazione di un minimo di sanità mentale.
Oltre alla scrittura e alla lettura, altra mia passione è la meditazione in movimento: filosofeggio passeggiando per la mia città, accompagnandomi con un toscanello da meditazione.
Mi si vede spesso stazionare sulle panchine degli splendidi parchi cittadini, assorto nel mio personalissimo mondo.
Amo l’umanità, ma spesso me ne tengo lontano.
” Un saggio mi ha detto che l’origine del mio soffrire è dentro di me.
Mi ha esortato a compiere un viaggio di salvezza nella mia anima.
Sono partito per andare a trovare la mia anima e sono arrivato alla sua porta.
Ho trovato chiuso. “
Cosa cerco in te
Che cosa cerco in te
Proprio non lo so dire
Che cosa cerchi in me
Non lo si può spiegare
Però sono qui per te
Senza motivo alcuno
Però tu sei qui per me
Costretta da nessuno
Forse l’amore è questo
Un atto di presenza
Che non finisca presto
Che guidi l’esistenza
Troppo
Troppo troppo troppo amore
Che a momenti scoppia il cuore
Troppo amore nel pianeta
Come fosse cosa lieta
Troppa gioia da gestire
Troppi beni da spartire
Troppa gente tollerante
Sorridente accomodante
E non è un pensiero mio
Ma un pensiero del buon Dio
Affinità interiori
Stretti in un abbraccio che non lega
E in un silenzio che non frena
L’anima tua fragile che prega
E la mia a lenire la tua pena
Non potremmo esser più vicini
Né coi ricatti né col sesso
Con i nostri spiriti affini
Siam più forti di qualunque amplesso.
Tutte le risposte che vorrei
Dei tuoi capelli
Vorrei domandarti
Di quanti riflessi
Riesci a vestirli
Della tua bocca
Vorrei domandarti
Di quanti carati
Sono i sorrisi
Delle tue mani
Vorrei domandarti
Di quante carezze
Sono capaci
Dei tuoi occhi
Vorrei domandarti
Di quali grazie
Sono lo scrigno
Questo e altro
Vorrei domandarti
Ma soprattutto
Me la dai?
Prima della pioggia
E’ quello il momento
In cui intuisco Dio
Senza titolo
Arriverà il laido scirocco a lambirti
Stretto e carnale come abbraccio di donna
Ma non di donna che ami
Di quell’altra
Tutto batte
Batte il cuore
Nella sua gabbia di carne e ossa
Batte il sangue
Che ti scorre nelle vene
Batte il tempo
Nell’incessante divenire
Batte il ritmo
Nella metrica implacabile
Battono le palpebre
Alla vista del tuo amore
Batte un colpo la tua anima
Quando incontra un suo simile
Tutto batte
Non c’è scampo
Batte pure tua sorella.
Il paradiso può attendere
L’edificio in cui lavoro è brutto assai. La mia stanza, in compenso, è un antro che, al posto delle finestre, ha le bocche di lupo.
Pare che il progettista fosse un diretto discendente del Marchese De Sade.
Dopo aver lavorato nella semioscurità per più di due ore, hai bisogno di una pausa per vedere il sole, per non impazzire. E qui, il brutto edificio, rivela una qualità magica: una terrazza posta su uno dei punti più alti della città, che guarda a sud sul mare e a nord-est sul quartiere medievale di Castello. Il posto ideale per fare una breve pausa con una sigaretta, per poi tornare ricaricati nell’antro.
Per me, poi, la terrazza ha un valore speciale: in un passato recente sono stato piuttosto male e le altezze mi erano sconsigliate, per evitare spiacevoli tentazioni. Da quella esperienza, però, ne sono uscito e, grazie alla sofferenza, più forte di prima.
Oggi posso fumare e guardare in basso, molto più in basso, sorridere e pensare che anche quel vuoto fa parte della mia vita; che quel vuoto non mi avrà oggi, ma quando sarà il mio tempo.
Io amo questa vita
Io confesso che vivo con fatica.
Che ogni giorno devo combattere una bestia che mi divora.
Che scrivere mi permette di tenere a bada la bestia.
Che ridere mi permette di ricacciarla indietro, ma la rende ancora più furiosa.
Che nessuno mi può aiutare, ma soltanto rendermi più lieve il cammino.
Che, nonostante tutto, amo questa vita.
Che, con i miei amici, col vino e col vento,
renderò la vita dura a quella stronza.
Duro è l’amore
Duro lavoro da sempre è l’amore
Frenetica danza da lupanare
Fauci feroci che azzannano il cuore
E solitudini da pareggiare
Virus letale da sempre è l’amore
Che si diffonde in ogni stagione
Annienta in un colpo ogni pudore
E rende inerme ogni ragione
Sporco lavoro da sempre è l’amore
Tugurio torbido da rovistare
Laido intreccio di sangue e sudore
Però qualcuno lo deve pur fare
Ritrovarsi
Non ti ho trovata
T’ ho riconosciuta
Per me
Ci sei già stata
Ed io per te
Figlia fosti Una volta
Un’altra
Madre Amica Poi
Ora amante
Ogni volta
Le anime Nostre
All’esistenza
Richiamate
Si cercano
Nel ritrovarsi
Più non anelano
All’Essere Tornare
Tu sei la mia casa
Tu sei la mia casa
Il mio vestito buono
Dove torna la mia anima
Non più randagia
Tu sei la mia casa
Che custodisce il sole
Ed il silenzio
Nei giorni affannati
Tu sei la mia casa
Dove giro nudo
E nonostante questo
Son bellissimo uguale
Tu sei la mia casa
Che come una madre
A suo tempo sgrava
Consegnandomi al mondo
Pezzi
Le sue mani
Sono qui
Non i suoi occhi
Quelli li ho messi
In un altro sacchetto
Devono essere con i piedi
O, forse, con i gomiti
Il capo mi ha detto
Di tagliare
In pezzi piccoli
Che è più facile
Da smaltire
Il deserto
Lentamente
Cresce
Tra noi
Le lacrime
Tue
Asciuga
E serba
I silenzi
Miei
Feroce
Brucia
Sfinendoci
Annunciando
Della notte
Il gelo
L’età di mezzo
Che strana età è quella di mezzo.
Sei come un ciclista che ha scollinato e si gode la discesa.
Ed è bellissimo filare così veloce, con i capelli al vento.
Segno che ce li hai ancora, belli folti come tuo padre.
E poi i chili in più non sono un ostacolo. Ti fanno anzi correre più veloce.
E’ vero che, però, nella discesa vedi il traguardo. Ma è ancora lontano.
E allora ti godi la pedalata sino a quando non dovrai, con fatica, sostenere lo sprint finale.
Sperando che all’arrivo ci sia la folla trepidante.
E, poi, una bella festa.
E, soprattutto, che ci siano quelli che ami.
Che hai amato.
Che ancora devi amare.
” La vita è un salto nel vuoto
Da un ponte sospeso
Tra nulla e niente “
Vivere è morire
Vorrei osservar la vita da un comodo rifugio
E non aver indugio e non provar salita
E mentre la tempesta devasta il mondo fuori
Scordarmi dei timori e dondolar la testa
Gustarmi un vino buono, godermi il mio torpore
E non mutare umore mentre rimbomba il tuono
E invece devo uscire, mischiarmi tra la gente
Che vive inutilmente, ché vivere è morire
Tu sasso io mare
Spesso mi celo
Allo sguardo del mondo
Perché non veda
La mia anima fragile
Ed il sasso
Che lancio rabbioso
Ad increspare
Il placido mare
Che non si sappia
Che tu sei quel sasso
Ed ogni volta
Io quel mare
Esser vorrei come questo mare
Essere vorrei come questo mare
E riposare al morir del giorno
Avere mille storie da narrare
Serbare il segreto del ritorno
Dare un senso a questo movimento
A tutto questo affanno nel cercare
Assaporar la gioia del momento
E dal vento lasciarmi modellare
Forse potresti esser tu la sponda
A cui la mia promessa canterei
Te la ripeterei con ogni onda
A Pascal
Nasce silenziosa nella notte
Cresce solitaria come stella alpina
E’ tenera come un bacio segreto
E dolce come un cuore di cane
Ti sussurra nelle notti ventose
Carezzandoti piano i capelli
Quando la udrai la riconoscerai
Tra milioni di altre saprai
Che questa è per te
Per le tue mani fredde
Per i tuoi pensieri stanchi
Per la tua anima inquieta
Per la tua speranza fioca
Sorridi allora e canta
A mezza voce
Ad occhi chiusi
Puoi sentirlo
La tua voce
E’ con la mia
La tua voce
E’ la mia
E in questo abbraccio
Dormi
Al mio ritorno
T’ho salutata
Con uno sguardo
Da fine giorno
Con i miei occhi
T’ho accarezzata
Grida la pelle
Perché la tocchi
La bocca vede
Quello che celi
Ma che il tuo cuore
Di certo chiede
Si perde tutto
In un abbraccio
Che poi il distacco
E’ come un lutto
Tu sei…
Sei vento di maestrale
Che sferza i miei pensieri
Sei come un fortunale
Che incendia desideri
Preghiera sei pagana
E sale su ferita
Sei santa e sei puttana
E sfuggi tra le dita
Non posso avere pace
Non temo più la morte
E se il tuo cuore tace
Io griderò più forte