Sintobiografia e sintoscritti di Stefania Cusano
Con le mie bellissime figlie vivo a Benevento,
tra sorrisi e malinconia e quando la vita non
mi basta più, scrivo.
Non amo gli specchi
perché non siamo riflessi
ma onde d’origine
senza ritorno
Come neve
Era stata candida anche lei.
Poi si era trasformata piano in fango sporco senza forma, ai margini di un marciapiede, suole frettolose ed impudiche su di lei.
Il cielo lontano.
Solo la pioggia, pietosa, la dissolse per dar da bere ad un fiore nato fuori posto.
Fu cosi di nuovo primavera, anche per lei.
Dentro liberi: che si provava?
Non lo sapeva, come non sapeva che gusto potesse avere l’intingolo che Zohra con cupa attenzione rimestava su quel fuoco che non era casa sua.
Paure, fallimenti, dipendenze, voraginose assenze, passioni insane le sue catene, dentro.
Ci voleva oblio e follia per farle saltare tutte.
Ma il rigore del suo cranio intorpidito non avrebbe mai comandato alle sue membra di farsi cuore. Niente slancio nemmeno stavolta: immobile, avrebbe chiuso gli occhi e dormito ancora,
accontentandosi di sognare di essere piuma e rimanendo a terra, vile piombo.
Anche io sono l’aguzzino
Di te così piccino
che hai l’infinito
come bara.
Aylan, 2 settembre 2015
Non mi capirò mai
Troppi voli si incrociano
dentro e fan
gazzarra fra
sbarre di ore
sul mare.
Ho un buio che acceca
e fuori c’è un
altro giorno
che
muore.
E così
aspetto un
confine che
fosse pure
un pensiero o
il rigoglio di
un rombo
o
soltanto
una foglia
verde in
autunno.
Senza titolo
L’infinito
in un punto.
L’eternità
in un attimo.
L’amore ha
bisogno
del poco
per essere
immenso.
Lasciami entrare
Come se
fossi
vento
nelle tue
stanze
in ombra
e nei canti
dove
rimpianti
spogli
lascia
la sera
ti porterò
echi di
un nuovo
mattino.
I miei pensieri
distesi
sono un campo
di non-ti-scordar-di-me
Violenza
Il cielo
mi lavò
il viso
tumefatto,
docile mi
vesti la
terra il corpo
nudo e
poi la pietà
di un
sasso per
cuscino e
occhi come
vetro
con
dentro
ancora
l’orrido che
vidi
e che per
me solo
fosti
quel mattino.
Nemmeno
la preghiera
di mia
madre qui
mi arriva.
Ma forse
anch’io
domani
sarò fiore
di
brughiera.
Chiarore d’inverno
Opaco
entri dentro
ed hai
già respiro
di resina e
marzo.
Senza titolo
Fiati
corti a
pettinar
capelli
mentre
si fa
alba
tumefatta
di cristalli,
appesi
come
croci.
Echi
Una porta
che si
chiude.
È
già
domani.
Siamo donne
Non provate…
Abbiamo altri
geni e
urla senza
suoni
e lacrime
affilate
e radici
intorno
ai piedi.
Siamo madri.
Il tuo vento
Il tuo vento
correrà tra
altre pianure:
io rimarrò
salmastra di cuore
ed il mare che amo
mi penetrerà ancora
con ruvide
dita di spuma.
Senza attesa
Volevo giocare,
invece fu amore.
Con l’incoscienza
di chi più non aspetta
e ha chiuso ogni stanza
di un’anima stanca
e negletta .
Senza attesa
o pretesa o sogni in cassetti
ormai trafugati e violati
di ogni decenza.
E poi quell’ombra lunga
di assenza che non si dirada
nella mia strada
che ormai percorro da sola.
Fu, allora, un gioco soltanto
cercare: poi meraviglioso incanto
trovare te, amore.
Per me, vita
Per me Vita
ha il ritmo del lento ondeggiare:
dello scintillìo della luce
che galleggia
accecante sull’acqua del mare;
del suono profondo di
una voce che di notte
mi raggiunge lontana;
della tela sottile che il
ragno tesse
a chiudere falle
in muri scrostati;
del vento che scorre
tra fiori di acacia appassiti;
del mio passo che risuona indolente
sul selciato muto e assolato;
di una ninna nanna sommessa
con voce di fiaba
ad un angelo biondo;
di fianchi rotondi ed accoglienti
inarcati in un’attesa
che è resa
di pace e piacere.
Per morire un po’ meno
Mi scorri dentro
mentre fuori piove
una luce nuova.
Non sei lacrima o silenzio
ma assenzio che
il male che è in me
beve con impudico ritegno
per morire un po meno.
Come fiore secco
Non profumo,
non ho linfa
o gemma
o polline fecondo,
né insetti golosi
di ciò che in fondo
a me riposa.
Perché io non vivo
eppur non muoio.
Soltanto scricchiolo
gemendo piano
se tu vento mi
accarezzi muto e
distratto
senza spogliare
petali che non ho mai
avuto e
intatto lasci
il mio stelo a
crepitare senza
terra.
Profane ostensioni
Un lenzuolo bianco
sul selciato
il mio sorriso a tua figlia
quando mi chiese perché
non saresti tornato.
Bugiardo candore
di sindone:
anche il silenzio
è sacrificio.
Per sempre
Avrai
le mie
rughe
e il mio
cappotto
sdrucito
e macchie
di vecchio
piegato senza
più ricordi né
rime
ed
insieme
andremo lenti
per mano.