“Sepolto in cantina” Marilena De Giorgi
Quando abbattemmo quel muro, che anni prima, mia nonna fece innalzare in cantina, il mio sguardo sapeva già dove dirigersi: verso il focolare.
Lì andavamo, io e il nonno. Lui, munito di cartine e tabacco, io del mio “Piccolo Zingarelli” (Lire 1000).
Frequentavo la IV elementare e andammo a comprarlo insieme alla cartoleria.
Strada facendo, al ritorno, forse per giustificare il prezzo, gli feci una proposta: ogni pomeriggio gli avrei letto il significato delle parole che lui avrebbe scelto a caso. Accettò. Ne fui felicissima, anche perché cominciavo a stancarmi di leggere quasi ogni giorno i bugiardini per la nonna, dei quali, a parte la posologia non ci capivo nulla.
Accendeva il fuoco, preparava la sigaretta, sceglieva le parole, leggevo le definizioni. Lui fiero di me. Io fiera di me.
Quando un paio d’anni dopo, il nonno morì, nascosi il vocabolario in un angolo del focolare che nessuno avrebbe più acceso. In quella casa ci tornavo ormai solo per le vacanze ed ogni volta, per anni, rinnovavo il nostro rituale. Fino a a quando…
Il micro tragicomico ” Muro di Berlino” della mia famiglia era ormai crollato e lui era lì, con i puntini accanto a tutti le parole lette durante quei pomeriggi.