“Come eravamo”Maria Cristina Pazzini
Il pensiero si perde tra le onde delle colline, con il verde della campagna e il blu del mare, fermandosi su quel casolare di pietra fresca e bruna, mentre i bambini corrono tra i tini di legno profumato, dove il mosto scuro e vivace ribolle festante.
Una voce tuona più alte delle altre, è quella del nonno, un uomo antico con i capelli bianchi e la barba poggiata sul petto; la barba si alza e si abbassa a ritmo del suo respiro, segnando il tempo che passa, il suo sorriso illumina le pietre della costruzione, dove l’uomo nacque un giorno e dove troverà dimora la sua discendenza.
Un piccolo bosco di querce fa ombra alla casa, dando frescura preziosa nei mesi di caldo assolato della campagna di Romagna.
La salitella di cemento ruvida e grigia, immette nell’atrio di casa, davanti una scala di marmo, al suo fianco si apre un lungo corridoio buio con piccoli salottini infilati come una collana di perle su cui è inciso il nome di ogni antenato, gioielli di ricordi per non perdere la memoria dell’antica famiglia.
Il vecchio, ansimando, avanza sul pavimento di cotto sconnesso, spiegando, da buon padrone di casa, la vita che si srotolava tra quelle stanze all’epoca della sua infanzia, un’epoca passata, ma non dimenticata; la vita di oggi è figlia di quella di ieri e il profumo di muffa e di buono, che assale le narici dei giovani visitatori, deve rimanere impresso nel ricordo, per avere la forza di guardare avanti e di crescere. Un giorno saranno loro a illustrare quella casa ai figli e ai nipoti, se questi avranno ancora la pazienza di ascoltare.