“Ti racconto una storia, anzi una favola” Marco Fidilio
Dove lavoro c’è un branco di cani randagi che terrorizzano il paese.
Con tutto quello che si sente in tv, di persone dilaniate e sbranate dai branchi, la gente scappa, urla e protesta e vuole abbatterli.
Una sera facevo il turno di guardia (sono medico) ed ero fuori a godermi il freschetto.
All’improvviso dal cancello entrarono 5 cagnoni, tutti grossi, tutti randagi; si avviarono subito verso di me a passo lesto. Io rimasi impietrito . Non avrei avuto il tempo di entrare dentro. Stetti immobile . I cani mi circondarono e mi annusarono. Sudavo freddo, avevo paura che il mio minimo gesto scatenasse il loro attacco. Il più grosso, quello che sembrava essere il capobranco, mi guardò fisso negli occhi, poi col muso spinse verso di me un cane tutto bianco e molto smagrito. Questi aveva il dolore negli occhi, lo si vedeva subito.
Molto timidamente e con la coda in mezzo alle gambe mi poggiò il muso sulla gamba, guardandomi con occhi imploranti. Azzardai una carezza per farmelo amico e gli diedi un biscotto che avevo in tasca.
Lui cominciò a leccarmi le mani e più lo accarezzavo, più mi strofinava il muso sulla gamba.
Voleva che continuassi, voleva le mie carezze.
Gli altri cani si misero a cerchio e si sdraiarono per terra, come se aspettassero qualcosa.
Solo il capo branco si avvicinò al cane bianco e gli leccò l’orecchio. Continuammo così per un bel pò, io lo accarezzavo, il capobranco lo leccava e gli altri seduti a cerchio.
Fino a quando anche il cane bianco si sdraiò e fece come per dormire.
Dagli ululati strazianti degli altri cani capii che era morto.
Io rientrai dentro e loro me lo permisero.
Rimasero attorno a lui tutta la notte, ululando di tanto in tanto.
Quel branco mi aveva portato un cane moribondo per fargli avere il conforto di un umano prima che morisse.
I cani hanno bisogno degli uomini e delle loro carezze.
Da allora la parola branco non mi spaventa più.