“Solitudini senza tempo” Paolo Veronesi
…Trovò strano quel suo comportamento ma ancor più strano trovò sè stesso nei confronti di quel comportamento.
Negli ultimi giorni aveva notati piccoli cambiamenti e una sottilissima indifferenza ma lui non si sentiva in dovere di pensare al peggio e continuò ad amarla come sempre aveva fatto.
Fu in una notte d’agosto che si trovò improvvisamente solo, di lei nel loro letto nessuna traccia.
Una finestra aperta lasciava filtrare la luce della luna e un profumo a lui ben noto.
Lui si sporse e laggiù, illuminata dal pallore selenico, il profilo della sua donna che, lemme lemme, avanzava come un’onda verso il cancello d’uscita.
Lei, solo per un attimo, alzò lo sguardo a quella finestra e sorrise con tutta la dolcezza che l’aveva sempre contraddistinta, aprì le labbra in un bacio e, come la marea s’abbassò, toccò la terra e venne inghiottita dal traffico.
Da quella notte due solitudini si sciolsero come nodi al pettine e non trovarono più abili dita a intrecciarle.
Da quella notte lui capì quanto il suo presente era solo il ricordo di un futuro che ancora avrebbe voluto legarsi al passato.
Da quella notte lei non capì il suo futuro ma fu il suo presente a obbligarla a recidere il cordone ombelicale che l’aveva legata a un passato che, presto, l’avrebbe riportata a un futuro dove le solitudini di due amanti sarebbero maturate nell’indissolubilità di un’unione senza tempo.