“Napoli” Ragazza alla finestra
Pulcinella fece un inchino, mi sorrise poi allungò la mano: ” Chiur l’uocch, Mari’. Sient e nun teme’ “.
Strinsi la sua mano e mi lasciai guidare.
A Napoli, nelle strade strette di vicoli e scale ferite, sembrava già notte, sembrava la morte.
Ma dalle finestre qualcuno cantava, qualcun’altro bestemmiava, poi taceva e pregava.
E il cibo. Si, il cibo. Dalla strada potevi annusare il ragù che faceva festa anche se non era domenica.
La frittura che entrava nei capelli e quasi li ungeva, ti benediceva.
Poi le donne. Anche le donne. Sedute fuori i portoni, erano pregne di fumo e borotalco.
Una si alzava, con la sua scia di profumo e di vino e saliva al piano terra senza numero, senza balconi e aspettava.
Un fiore, una banconota, un amore.
Agli angoli dei marciapiedi, bottiglie sparse di birra e cuoppi di carta oleata. Come una tavola apparecchiata di tutto e di niente.
“Sient’ Mari'”. Diceva.
E mi girava la testa in quel vortice di vita odorosa.
E ti stordiva e stancava i sensi.
Accade così quando ti innamori “a pelle” di una città.