Sintobiografia e sintoscritti di Marina Roncaglio
Mi chiamo Marina non a caso. Il mare la mia vita.
Scrivo dall’ età di 16 anni a singhiozzo. Ora tutti i giorni come terapia come ossigeno come specchio. Eretica nel senso, nel pensiero e nel modo.
Vivo di scelte contrarie come i venti ribelli ed imprevedibili e come il mio mare.
Sinuose idee non intrappoleranno mai la mia essenza.
La penna è il prolungamento del mio cuore.
D’ aria mi vesto, d’ amore mi nutro e di cuore respiro. Sono nelle mie parole. E ciò che scrivo è vita. Vera. Emozioni, il mio sangue.
La rotta di una barca
segue il vento.
In esso trova riguardo,
ascolto e meta
Inciampo
In passi calamitati.
M’aggrappo ad una terra pagana
che unta di metafore
irrompe
e sostiene.
Le certezze
non hanno mai un nome
ma una posizione.
Retta.
Viverci
Dentro al labirinto
dei tuoi pensieri
ho dato luce.
Di Riflesso hai illuminato me.
Il verde ci accompagna
in un solco condiviso
in cui respirare
è l’ autentica armonia
del viverci.
Sfogliare un’ intimità
Richiede quel tocco unico
che mani innamorate conoscono.
La mappa di un corpo
la scruti con garbo se l’ami.
Non esistono tentativi,
ma itinerari precisi, meticolosi, mirati.
E la confidenza discreta e rispettosa
porta il cielo dove non penseresti,
il sole dove piove,
la gioia in un dolore.
Ti colsi
Tra le rughe ingiallite
di un disputa rabbiosa
fra te e il tuo io minacciato.
Graffiavi chiunque t’amava.
Urlavi ai sordi la vita.
A piedi nudi percorri ora
una mescolata intimità
nella bocca agguantata
di una poesia.
La tua.
E di esistenza pura coroni
la metamorfosi.
Si apriranno dunque
le fauci di un tuo spazio
che pareva dimenticato.
Il mio cuore
Non è un albergo.
Quando ha due occhi
è tutto prenotato.
Le poesie dismesse
non lo corrompono
non lo disorientano
non lo distraggono.
L’eterno discernimento
batte e centrifuga
l’ imperfetto
affievolendo riti mai rinnegati.
Rinascita
Radici strappate
da un vento indigeno
soffrono nell’ aria bruciata.
Le foglie cadendo
le ricoprono Amorevolmente.
La terra nutrice
ascolta
nel silenzio della sua fertilità.
La vita trova sempre
un modo per rinascere
pur morendo.
Suono
Senza spartito
acquatiche note
di sensazioni mutilate.
Un’ onda vanitosa
S’ aggrappa alla battigia
ascoltandomi
e risucchiata dal mare
torna verso nord
per inumidire
l’ eremo del tuo silenzio.
Com’è un dolore perfetto?
Non ha mai una sbavatura.
È presente.
Rincagnato in un sottosuolo
che manco so di avere,
spalanca in me
un “non so che fare”
afono di un accordo.
Dal marciapiede di una vita
sale in cattedra e t’ insegna.
Mordendoti in un cappio.
Rovesciata nel sacrificio incompreso
Colgo solo ora la convinzione
che non ho ascoltato l’ istinto
premonitore
che urlava
una verità
che ancora sorvola
un acuto sentire.
Pago lo scotto
della mia stupidità
ormai
nella mia pace.
Ehi tu, donna!
Ma dove mai andrai
sui tuoi tacchi a spillo
sbilanciando serenità
barcollando sicurezze
ostentando equilibri?
Rosso è l’amore che ti porti dentro
ed ama vivere scalzo.
Ho amato e perso
Ma ho amato.
Bellezza e superficialità,
seduzione e provocazione,
proiettili che mi trapassano
senza ferirmi l’anima
occupata a crescere
nella pienezza di ciò che conta,
la verità,
che regalo e mi regalo.